Sì al modello Usa: incarna il sogno italiano

Il partito dell'american dream è riformista e unisce gli opposti. È una buona base per costruire la destra

Sì al modello Usa: incarna il sogno italiano

Perché scegliere il modello del partito repubblicano? Silvio Berlusconi insiste nell'evocare il Grand old party creato da Abraham Lincoln anche se nessuno pensa di copiare un partito su una chiavetta Usb e riprodurlo in casa propria. Ma il Gop è un modello di destra molto diverso dalle altre destre del mondo perché non è mai stato un partito conservatore. Nacque come partito abolizionista della schiavitù e la sua vittoria, quella di Lincoln nel 1860, scatenò la secessione degli Stati del sud presso i quali il partito repubblicano è sempre stato identificato come «amico dei neri», cosa che generò il paradosso per cui i democratici sudisti erano l'estrema destra rispetto ai repubblicani.

Non è un caso che, prima dell'elezione di Barack Obama, per la prima volta negli Stati Uniti un generale nero come Colin Powell sia diventato capo delle forze armate americane e una donna nera come Condoleezza Rice abbia retto l'ufficio di Segretario di Stato, cioè ministro degli Esteri sotto un'amministrazione repubblicana.

Oggi il partito repubblicano è fortemente radicato al Sud e secondo gli ultimi sondaggi il leader più accreditato è Jeb Bush, fratello di George W. e figlio del vecchio George. Jeb è stato il governatore della Florida che ha modificato geneticamente lo Stato del «sole splendente» ed è considerato un repubblicano riformatore e riformista.

Il riformismo è nel Dna del partito simboleggiato dall'elefantino, tanto quanto l' entrapreneurship , il primato di chi produce ricchezza attraverso le aziende, l'ingegno e il capitale investito nel progresso. L'idea comune all'interno del partito era che una volta salva la libera produzione della ricchezza, tutto il resto sarebbe venuto da solo, in particolare la difesa della libertà individuale.

In casa repubblicana si discute da anni se il presidente democratico John Fitzgerald Kennedy assassinato a Dallas il 22 novembre 1963 non debba considerarsi un repubblicano inconsapevole, visto il modo in cui difese la libera impresa, lanciò il programma di integrazione razziale nel Sud e sfidò l'Unione Sovietica con il blocco di Cuba durante la crisi dei missili.

La sfida aperta al nemico esterno è infatti l'altro marchio repubblicano: Ronald Reagan determinò il collasso politico e militare dell'Urss annunciando - solo annunciando - il programma delle «guerre stellari» - aprendo una competizione cui Mosca non poteva partecipare per mancanza di fondi, oltre che di produzione scientifica e tecnologica. La linea dei democratici era stata quella dell'accordo a tutti i costi con l'Urss e della rinuncia alla sfida globale fra sistema capitalistico e sistema comunista.

L'attitudine alla sfida è simboleggiata da un presidente come Theodore Roosevelt il cui motto era «Parla a bassa voce, ma avendo sempre con te un nodoso bastone». Fu l'uomo che sfidò l'impero spagnolo liberando Cuba e le Filippine, le ultime colonie di Madrid. Roosevelt, quando fu costretto ad abbandonare il partito ne fondò un altro chiamandolo «Progressista».

I presidenti repubblicani sono in diversa misura progressisti e integrazionisti ma hanno sempre saputo attirare il consenso di gruppi etnici, religiosi e culturali molto diversi fra loro. Una robusta base nera è sempre stata visibile nel partito repubblicano, dove si sono trovati a loro agio i cattolici e una parte crescente della comunità ebraica.

Se una lezione si può trarre da oltre un secolo e mezzo di storia repubblicana americana, questa non può che essere la lezione dell'unità dei diversi e talvolta anche degli opposti. I repubblicani hanno una struttura di partito leggera e si affidano alle fondazioni, alle associazioni, ai blog e alle iniziative locali in grado di trasformarsi in macchina elettorale quando si avvicina il tempo delle elezioni. Si tratta di una struttura molto elastica e duttile, animata da un dibattito interno vivace fino alla zuffa, molto partecipato dalla base che si riconosce in un comune sentire.

Il comune sentire è quello dell' American dream : ogni essere umano che si trovi negli Stati Uniti d'America ha il diritto di perseguire il suo sogno americano, così come ha diritto a cercare la propria felicità. In questa scelta che riafferma le origini della democrazia più rivoluzionaria di tutti i tempi, come la definiva Alexis de Tocqueville, sta la differenza fra il popolo americano e tutti gli altri popoli di lingua inglese. Chi volesse ispirarsi al Gop per costruire una grande casa della destra riformista in Italia, dovrebbe cercare le radici profonde del «sogno italiano» e coloro che mantengono vivo un tale sogno. L'Italia ha nel suo Dna caratteristiche uniche e non ripetibili nella storia dell'umanità e stenderne una lista è persino banale.

Molto meno banale è governare queste caratteristiche - il patrimonio culturale e paesistico ma anche l'uso dei cervelli oggi depressi dalla burocrazia e dal sinistrismo - trasformandole in progetti capaci di produrre ricchezza e consapevolezza del valore della libertà, ancora poco popolare alle nostre latitudini.

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