È molto probabile che nelle prossime settimane la Pirelli sarà controllata da una società a prevalente capitale cinese. Il suo attuale amministratore delegato, Marco Tronchetti Provera, continuerà comunque a guidarla per i prossimi anni, così come l'attuale management, quartier generale e dipartimento di ricerca e sviluppo resteranno ancorati all'Italia. I cinesi comprano Pirelli passando per (...)
(...) un'Opa in Borsa ad un prezzo ritenuto dal mercato generoso. Non si accontentano, dunque, di ottenere il controllo di fatto (così come succedeva fino a oggi) con il 26% del capitale detenuto dalla Camfin. Insomma, come nello spirito della legge Draghi, tutti gli azionisti godono dell'offerta. È la quarta volta nel giro di sei anni che Tronchetti cerca di trovare un assetto definitivo al capitale di Pirelli: la prima è stata con i ricchi signori Malacalza (che sono là che contano i dobloni guadagnati nell'operazione), poi con il fondo Clessidra e due importanti banche italiane, a seguire i russi di Rosneft e ora con i cinesi. Il minimo comune denominatore delle diverse operazioni è stato quello di mantenere le redini del gruppo solidamente nelle mani della dirigenza italiana; nel caso dei cinesi, però, si è fatto un passo avanti: hanno comprato tutto, anche le minoranze, che tali poi non sono, sul mercato.
Qualche considerazione di fondo.
1.Si assiste al piagnisteo della perduta italianità di un gioiello di casa nostra. Favoloso in questo senso il tono de La Stampa di Torino (vi ricordate dove ha sede il suo lontano azionista?), che non è ovviamente la sola. Ma allora ci dobbiamo mettere d'accordo. Non è che le società quotate in Borsa possono restare italiane per decreto. Da una parte i più sofisticati analisti e opinionisti ci hanno sbomballato la testa con il fatto che Tronchetti&soci avessero il controllo di un gigante con poche azioni; poi gli stessi si lamentano che in Italia le banche controllano i grandi gruppi; e ancora, quando arriva un socio industriale che si vuole comprare la baracca non va bene perché è straniero. E va bene, diteci cosa devono fare...
2.Toc toc, qualcuno si è accorto che Pirelli non aveva le dimensioni sufficienti per competere a livello globale? Quindi aveva due strade: comprare o essere preda. Nel primo caso avrebbe dovuto aprire il capitale a terzi (con le stesse obiezioni del punto uno) e nel secondo mollare tutto. Con i cinesi si è di fatto realizzata un'alleanza industriale nel mercato asiatico, settore truck, così come con i russi (che resteranno per una quota azionisti) esiste un accordo per il loro mercato. Insomma, dal punto di vista operativo, Pirelli aumenta la sua dimensione multinazionale.
3.I cinesi fanno un'Opa sul mercato. Se dovesse essere giudicata poco ricca, gli azionisti potrebbero liberamente non aderire. E se il mercato considerasse il valore della bandiera fondamentale, potrebbe farselo pagare. Si tratta di fuffa, poiché il mercato sa che l'operazione dei cinesi è una delle poche operazioni di cambio di proprietà di un gruppo i cui benefici sono condivisi e diffusi.
4.Sapete qual è il marchio che maggiormente contribuisce ai margini della multinazionale Nestlé in Italia e, per di più, grazie alla sua forte esportazione, in tutto il mondo? L'acqua minerale San Pellegrino. Prima era lì che languiva e oggi ce la ritroviamo su tutte le tavole del pianeta, con ricadute sull'occupazione in Italia. Nel settore del lusso i casi non si contano: da quando Bottega Veneta e Gucci sono passate ad una multinazionale sono esplose. La Birra Peroni viene considerata in Italia un bevanda cheap : da quando l'ha comprata Sab Miller è diventata un brand premium in mezzo mondo, con tassi di crescita da brivido. Morale: non è importante la proprietà di un'impresa, ma la bontà di un prodotto pensato e made in Italy.
Tutto bene, dunque? Non si può dire oggi. Vedremo quale sarà lo sviluppo di Pirelli. Per ora si può solo dire che il suo change of control è fatto con un'operazione trasparente e di mercato.
Che sulla carta ci saranno buone sinergie di mercato e di prodotto. E che la nazionalità dei proprietari di un'azienda ha poco a che vedere con il suo radicamento in Italia. Alla faccia dei piangina che lamentano la perduta italianità dalle loro residenze a Montecarlo o in Svizzera.