«Open è un processo politico alla politica. Mai ci sono state bandiere di partito alla Leopolda. Hanno usato questa indagine per sequestrare telefonini e fare la pesca a strascico», le prime parole di Renzi a Genova dove è intervenuto all'udienza del Gup sulla richiesta di archiviazione della locale procura. Già a febbraio, quando le toghe genovesi chiesero di archiviare la denuncia per abuso d'ufficio presentata contro i magistrati fiorentini titolari dell'inchiesta Open, Renzi aveva ironizzato per i tempi. Congratulandosi con la procura ligure che «in poco più di una settimana ha trovato il tempo di leggere le novanta pagine della denuncia e ha dato risposta tempestiva». Ma il leader di Italia Viva si era poi opposto alla richiesta di archiviazione, e ieri si è presentato battagliero. «Abbiamo fatto spiega Renzi al termine dell'udienza - una denuncia seria, puntuale, approfondita, rigorosa. Ho parlato un minuto su due ore per dire: signor giudice, decida come crede ma io chiedo giustizia giusta perché questo è ciò che serve a questo Paese». E il leader di Iv sottolinea di aver scelto una via «istituzionale» per far valere le sue ragioni, senza «urlare» ma andando «ad ascoltare in udienza» e firmando «un atto specifico in punta di diritto contro dei magistrati». Magistrati che, sottolinea una nota del suo staff, in aula non si sono visti. La prima vittoria è che «la nostra denuncia è stata finalmente ascoltata insiste Renzi a differenza di quello che aveva fatto il procuratore Pinto che in sei giorni aveva richiesto l'archiviazione». Ma ovviamente la vicenda, prosegue l'ex sindaco di Firenze, «è appena iniziata, non finisce qui», e «io aggiunge - ovviamente non posso che sperare che vinca la giustizia e non il giustizialismo».
Come è noto, per il senatore di Italia Viva i pm fiorentini che hanno indagato su di lui avrebbero tra l'altro violato la Costituzione, avendo allegato agli atti dell'indagine anche le chat tra imprenditori e lui stesso, aggirando così, stando alla tesi del fondatore di Iv, le prerogative costituzionali e intercettandolo senza autorizzazione. Per il procuratore capo facente funzioni Pinto e per l'aggiunto Miniati, però, i colleghi fiorentini nella fase delle indagini non avrebbero commesso alcun illecito proprio perché Renzi non sarebbe stato intercettato direttamente. Ecco dunque la controffensiva, prima con l'opposizione alla richiesta di archiviare e poi con la «missione» genovese di ieri, che non è «contro i magistrati», chiarisce Renzi. «Se qualcuno viola la legge, e in questo caso siamo di fronte a una macroscopica violazione della legge e della Costituzione, è giusto chiedere che si indaghi», sottolinea.
Al leader Iv replica, a distanza, il capo della procura Pinto, dicendo la sua sulla velocità della richiesta di archiviazione: «C'è una circolare del Csm che dice che i procedimenti sui magistrati debbano avere una rapida e prioritaria definizione per evitare che restino nel limbo. Non è privilegio ma è per evitare che vengano delegittimati», taglia corto il magistrato. Che nel frattempo ha aperto un fascicolo anche per la denuncia dell'ex membro del Cda della Fondazione Open, Marco Carrai, contro gli stessi pm fiorentini. Al centro dell'esposto la trasmissione al Copasir, che ne aveva fatto richiesta, di atti dell'indagine che per la Cassazione erano «non trattenibili». Di certo, a Genova Magistratura Democratica, la corrente delle toghe che secondo Renzi teorizzava una «caccia all'uomo» contro di lui, è più che mai forte.
Di Md, infatti, è non solo il facente funzioni Pinto, ma anche gli altri due magistrati che hanno fatto domanda per la poltrona di procuratore capo nel capoluogo ligure, Francesco Menditto e Nicola Piacente, con quest'ultimo favorito per l'incarico dopo essere stato proposto all'unanimità dalla Quinta commissione del Csm due settimane fa.
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