Cronache

I ricordi di Caputo, maestro fuori dal coro

Dal Vietnam alla direzione di "Epoca". Da cui fu silurato per i khmer rossi

I ricordi di Caputo, maestro fuori dal coro

Nella giungla quando si salvò la pelle tirando due bombe a mano ai vietcong che gli sparavano addosso. Silurato dalla direzione di Epoca perché aveva osato pubblicare un reportage sui massacri dei khmer rossi. Quella volta che Oriana Fallaci non ce la faceva a scrivere il pezzo dal deserto della prima guerra del Golfo e lui la intervistò chiudendo la pagina in tempo. E le battaglie con il Giornale in difesa degli esuli istriani, fiumani e dalmati.

Ricordi poco conosciuti e controcorrente di Livio Caputo, maestro di giornalismo e uomo di mondo che porterò sempre con me nel cuore e nei reportage in prima linea. Nel 2019 all’adunata dei lettori del Giornale ad Abano, in una sala gremita, Livio ha ricordato l’episodio del Vietnam, quando da inviato di Epoca aveva seguito una pattuglia dei marines. Un tenente italo americano lo aveva convinto che i vietcong non avrebbero tenuto conto che era un giornalista. E li consegnò due bombe a mano. “Siamo finiti in un’imboscata e mi sono trovato a pochi metri un paio di nord vietnamiti con il kalashnikov spianato - aveva raccontato Livio - Per fortuna c’era l’erba alta e mi sono buttato a terra per non farmi vedere. Sparavano all’impazzata ed i proiettili passavano sopra la testa. Avevo le bombe ananas degli americani. Ne andava della mia pelle e le ho lanciate tutte e due”.

Da direttore di Epoca nel 1976 aveva osato pubblicare un servizio esclusivo di Paris Match sul genocidio in Cambogia ordinato da Pol Pot. “Fotografie drammatiche di esecuzioni senza pietà, le prime dei killing fields. Non ho avuto dubbi nel pubblicarlo e titolarlo “Un massacro per la rivoluzione”” raccontava Caputo.

Il comitato di redazione era guidato da Carla Stampa, pasionaria di sinistra, che accusò il direttore di avere messo in piedi una “provocazione reazionaria”. La frase cardine della protesta del Cdr non lasciava dubbi: “Per la rivoluzione non si fanno massacri”. Nel 1976 si temeva il sorpasso del Pci sulla Dc e continuarono le contestazioni al direttore. “Un mese dopo la pubblicazione del servizio sulle atrocità dei khmer rossi – ricordava con amarezza Caputo – fui messo alla porta”.

Livio l’ho conosciuto oltre trent’anni fa quando da capo degli esteri del Corriere della sera mi mandò, come giovane free lance, a Kabul per raccontare la ritirata dell’Armata rossa. Reduce da 7 mesi di galera nella capitale afgana dopo essere stato catturato durante un reportage con i mujaheddin avevo osato troppo. Dopo il primo (e ultimo) articolo sul Corriere un camion militare mi ha quasi mandato all’altro mondo.

Il rapporto di odio-amore fra Caputo e Oriana Fallaci, fin dai tempi del Vietnam, è leggendario. Livio ha raccontato un episodio curioso quando scoppiò la prima guerra del Golfo: “Oriana venne al Corriere e convinse il direttore a mandarla in Kuwait a seguire il conflitto. Lei si illudeva che fosse ancora come il Vietnam. E sull’orlo di una crisi di nervi una sera mi telefonò dicendo che non ne poteva più e che non ce la faceva a scrivere l’articolo. Lei non cedette, io nemmeno, avevamo bisogno del pezzo e quindi la intervistai chiudendo la pagina”.

Nel 1992, da vicedirettore del Giornale, lanciò una campagna contro “Osimo bis”, definitivo tradimento e abbandono di una fetta dell’Istria raccogliendo 300mila firme in difesa degli esuli e dei loro beni abbandonati davanti alle violenze di Tito alla fine della seconda guerra mondiale. E come sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi non dimenticò mai il dramma delle foibe.

L’ultima volta l’ho sentito da direttore ad interim del Giornale per dirgli che era un grande. Livio con la voce piegata dai malanni rispose: “Se avessi dieci anni di meno….

”.

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