Afghanistan in fiamme

I talebani arrestano Karzai e Abdullah

Colpo al "governo inclusivo": il regime ferma l'ex leader e l'inviato per la riconciliazione

I talebani arrestano Karzai e Abdullah

Il deposto presidente Ashraf Ghani l'aveva dichiarato un anno fa a margine dei colloqui di Doha tra il governo afghano e i talebani: «Solo la mia amministrazione può garantire l'ordine costituzionale e porre le basi per un governo inclusivo». Oggi però Ghani è in esilio e gli estremisti, che attraverso il portavoce Zabihullah Mujahid avevano a loro volta caldeggiato un'apertura, si sono rimangiati fino all'ultima parola. A decidere quale sarà l'architettura politico-istituzionale dell'Afghanistan saranno solo loro. Se prima erano semplici speculazioni, adesso arrivano importanti e drammatici riscontri. La Cnn ha rivelato che i talebani hanno tolto gli uomini della sicurezza all'ex presidente Hamid Karzai e al capo dell'Alto Consiglio per la riconciliazione nazionale Abdullah Abdullah. Di fatto i due politici si troverebbero agli arresti domiciliari e le loro auto confiscate. Dovevano far parte del consiglio di 12 membri (tra cui il leader dell'ala politica del movimento radicale islamista, Abdul Ghani Baradar, e il capo del comitato militare, Moulawi Yakub) che governerà l'Afghanistan.

Non più tardi di una settimana fa Karzai e Abdullah avevano incontrato a Kabul una delegazione talebana guidata dal responsabile politico Anas Haqqani. Durante il summit erano stati discussi «l'attuale situazione nel Paese, la sicurezza delle persone, il processo politico inclusivo, il rispetto dei valori nazionali, compresa la bandiera», aveva scritto in un tweet Abdullah, lasciando intendere che erano stati trovati «interessanti margini di dialogo». E invece gli ex leader afghani sono stati messi nelle condizioni di non nuocere, e secondo fonti vicine al governo di Dubai potrebbero nelle prossime ore ottenere un «corridoio umanitario», con destinazione gli Emirati Arabi.

Karzai è ancora in possesso del suo I-phone, tant'è che ieri sera dal profilo twitter ha «condannato l'attentato all'aeroporto. Un'atrocità indicibile contro la nostra sofferente patria».

Come se non bastasse, l'ex ministro dell'Interno Masoud Andarabi ha denunciato che i miliziani stanno cominciando a cercare casa per casa, e a uccidere, i funzionari governativi in varie aree dell'Afghanistan. La notte dei lunghi coltelli afghana è in continua evoluzione. Quello ordito da Baradar è un piano ben studiato con l'intento di consolidare il potere, sapendo di contare sull'appoggio del Pakistan e sulla momentanea neutralità di Russia e Cina.

Anche l'ultimo baluardo della resistenza vacilla. Nel pomeriggio di ieri infatti i talebani sono riusciti a entrare a Bazarak, capoluogo della provincia del Panjshir, occupando la residenza di Ahmad Massoud, comandante del fronte dei volenterosi e figlio del leggendario Ahmad Shah Massoud. L'ex vicepresidente Amrullah Saleh ha twittato che le forze di resistenza hanno chiuso l'autostrada a Salang dopo che i talebani hanno inviato più truppe nel Panjshir. Si tratta dell'ennesima vigliaccata perpetrata dagli estremisti di Kabul che stanno per annientare i guerriglieri del Panjshir, mentre Massoud si trova a Charikar, a 140 km da casa sua per negoziare un accordo. Intesa che alla fine arriva e prevede la chiusura del primo giro di negoziati con un cessate il fuoco che sarà valido fino al prossimo tavolo di trattative. Laconico era stato, prima dell'accordo, il commento dello stesso Massoud: «Se i talebani non ascoltano, se si rifiutano di dialogare e parlare di pace, ovviamente non possiamo fare altro che resistere». Per tutta risposta i talebani negavano invece l'evidenza e in un tweet di Shail Shaheen, uno dei portavoce della prima ora, affermano che «le informazioni sono inquinate dall'Occidente.

Garantiamo la serietà dei colloqui e la questione del Panjshir sarà risolta pacificamente».

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