Taranto - Si chiama decreto salva imprese, ma la versione riveduta e corretta dal nuovo governo giallorosso più che salvare rischia invece di affossare definitivamente quella che un tempo era la più grande fabbrica d'acciaio d'Europa. Perché dopo la cancellazione dello scudo penale mirato comunque a favorire il risanamento ambientale, il destino di ArcelorMittal si profila quanto mai incerto. Al punto che i sindacati, preoccupati per la sorte degli operai ex Ilva, decidono di scrivere al ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli, chiedendo «una convocazione urgente al Mise per una verifica degli impegni assunti tra le parti con l'accordo di settembre 2018».
I segretari generali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil (Francesca Re David, Marco Bentivogli e Rocco Palombella) non usano mezzi termini. E in una nota definiscono «un fatto grave» la decisione di cancellare la norma che garantiva l'immunità penale per i gestori dell'acciaieria di Taranto. «Non ha nessuna credibilità un'azione politica e aziendale attaccano che a un anno di distanza cambia le carte in tavola e agevola negativamente la congiuntura non favorevole dell'industria italiana».
Secondo i sindacati la svolta impressa dall'emendamento targato M5S «non fa presagire nulla di buono»; al contrario, «nella migliore delle ipotesi si precisa nel comunicato si profila il rischio di una drastica riduzione dell'occupazione» mentre «nella peggiore è solo il prologo a un disimpegno e a lasciare il nostro Paese». Le organizzazioni sindacali tengono anche a sottolineare come quell'immunità fosse «limitata alla realizzazione del piano ambientale» e sul caso interviene anche il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra. Il quale bolla come «inconcepibile e incomprensibile la decisione del governo di smantellare lo scudo legale indispensabile per concludere il percorso di ambientalizzazione di ArcelorMittal. In questo modo - aggiunge non solo si blocca la produzione del polo siderurgico, ma si offre un pretesto formidabile alla proprietà per disinvestire e andar via dal nostro Paese».
Il ministro Patuanelli dichiara che l'appello dei sindacati sarà accolto e annuncia che ci sarà un incontro con la fabbrica e con i sindacati. Poi, intervenendo in Senato dopo la soppressione dello scudo nelle commissione Industria e Lavoro, l'esponente pentastellato del governo si mostra ottimista e afferma che «un punto di equilibrio, attraverso la ritecnologizzazione degli impianti in accordo con chi gli impianti li gestisce, è possibile».
Per ribadire il concetto Patuanelli aggiunge che l'Italia «deve dotarsi di un piano industriale» e precisa che «non esiste un piano industriale senza
produzione siderurgica all'interno del Paese». Ma le sue parole in realtà non rassicurano più di tanto un territorio col fiato sospeso dove oltre ottomila lavoratori, senza contare l'indotto, si sentono mai come ora in bilico.
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