Immigrazione e flessibilità. Renzi fa flop dalla Merkel

Per il premier: "Con Angela più punti di contatto che di differenza". È resa però sui fondi alla Turchia. E nessuno sconto sui nostri conti

Immigrazione e flessibilità. Renzi fa flop dalla Merkel

Angela Merkel è al governo da oltre 10 anni. Matteo Renzi, da meno di due. E la differenza di esperienza ha pesato, e non poco, sul vertice di ieri a Berlino.La Cancelliera ha ottenuto quel che voleva: l'impegno italiano a pagare la propria quota (281 milioni) per finanziare i campi di accoglienza degli immigrati in Turchia. Insomma, per mettere un tappo al flusso di disperati che affolla le strade della Germania. «L'attuazione dell'accordo con la Turchia è urgente», dice Angela. Così quello che è un problema sociale e politico tedesco, lo pagheranno tutti i Paesi europei. Come avvenne per la riunificazione delle due Germanie.Renzi, al contrario, non ha ottenuto alcuna apertura in termini di flessibilità di bilancio: vero obbiettivo della missione del premier. «Non mi immischio - ha detto Angela - in queste cose. É compito della Commissione decidere le interpretazioni» su tempi e livello di riduzione del debito pubblico.La Merkel, insomma, davanti a Renzi veste i panni di Ponzio Pilato: si lava le mani del problema italiano del mancato rispetto del fiscal compact. Tocca a Juncker decidere, dice. E Juncker ha già fatto sapere come la pensa. I suoi uffici hanno già detto che la manovra di bilancio del governo Renzi non rispetta il fiscal compact per quanto riguarda la riduzione del debito (l'avanzo primario è un terzo di quello promesso) e non onora il Patto di Stabilità, in quanto non riduce il deficit strutturale dello 0,5% all'anno. E tra breve, bisognerà aspettare all'incirca un mese, la Commissione europea dovrà fornire un parere completo sulla Legge di Stabilità, approvata sub judice da Bruxelles. Sarà compito delle valutazioni politiche se le osservazioni degli uffici tecnici della Commissione troveranno spazio o meno nel documento conclusivo. Non a caso ieri a Berlino Renzi si è portato al seguito anche Carlo Calenda, neo rappresentante italiano presso la commissione. Come se lo dovesse accreditare presso la Cancelleria e non presso la Commissione.Durante l'incontro, il presidente del Consiglio deve aver compreso il «muro di gomma» (od il gioco di specchi) della Merkel, così ha invocato il rispetto dei patti. «La commissione europea ha adottato a gennaio del 2015 una comunicazione sulla flessibilità», ha ricordato Renzi. «Questo per noi è il punto di riferimento. Noi non stiamo chiedendo che le regole siano cambiate ma che siano applicate senza equivoci, la flessibilità era una condizione per l'elezione di Juncker». Il lussemburghese, però, i patti li sta rispettando. É l'Italia che, secondo la Commissione (e non solo), sta abusando dei criteri di flessibilità. Così, per non mollare la presa, il premier italiano ha ribadito che sbloccherà i 281 milioni per la Turchia solo dopo che Bruxelles avrà comunicato come dovranno essere conteggiati in bilancio. Cioè, se queste spese possono rientrare fra quella da defalcare dal deficit. Al momento, la Commissione non ha permesso all'Italia lo scorporo di spese analoghe dal calcolo dell'indebitamento.

E se lo facesse ora - magari dietro la spinta tedesca - l'Italia potrebbe chiedere di sterilizzare dai conti pubblici anche le spese precedenti. Operazione che Renzi voleva giocarsi per abbattere le tasse sulle imprese.Un gioco dell'Oca. Ed i dadi riportano Renzi sempre alla casella di partenza.

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