L'inflazione torna al livello del 1991, vigilia di Tangentopoli. A marzo l'indice dei prezzi è salito del 6,7%, come non accadeva da 31 anni. Con una differenza importante: il trend è oggi esattamente opposto. Negli ultimi due decenni del '900 l'inflazione scendeva. Dal massimo del 21% del 1980, al 2% di fine secolo. Ora accade il contrario: dopo anni di inflazione irrilevante, negli ultimi 12 mesi abbiamo riscoperto un fenomeno che pensavamo esaurito. E, per di più, stiamo scoprendo altre due realtà economiche assai sgradevoli e pericolose.
La prima è che la natura della nuova inflazione di questi anni Venti è molto diversa da come pensavamo di averla capita. Quando, ormai un annetto fa, i prezzi hanno iniziato a salire, la lettura sembrava semplice: l'uscita dalla fase più acuta della pandemia e dai lockdown del 2020 comportava un rimbalzo della domanda mondiale mai visto prima. Per l'Italia, lo scorso anno, lo choc economico valeva un balzo del 15% del Pil: dal -9% del 2020 al +6% nel 2021. Ebbene, l'aggregato planetario di questi rimbalzi mandava in tilt la domanda, spingendo alle stelle i prezzi delle materie prime, che improvvisamente erano insufficienti a soddisfare le richieste. Una crisi globale dell'offerta che si è riflessa sui prezzi finali: inflazione. Tuttavia, rassicurati dalle banche centrali - e soprattutto da quella europea per la quale la gestione dell'inflazione è la ragione principale della sua esistenza - ci siamo convinti che il fenomeno sarebbe stato transitorio: finito lo choc le cose torneranno al loro posto, prezzi compresi. Purtroppo non sarà così. In parte lo si era capito già qualche mese fa, di fronte ai problemi della transizione energetica e a dinamiche commerciali e produttive più complesse del previsto. Ma la botta finale è arrivata adesso: con la guerra in Ucraina la crisi energetica durerà a lungo creando un clima di incertezza e aspettative di nuova inflazione. La sua natura transitoria tramonta per sempre.
La seconda nuova realtà è che l'aumento dei prezzi è come il debito di Draghi: può essere buono o cattivo. E quello del 2021 pareva buono, perché arrivava insieme alla forte crescita del Pil, contribuendo a spazzare la deflazione che durava dalla crisi di Lehman brothers del 2008. Ma con questa maledetta guerra di Putin l'inflazione ha improvvisamente cambiato segno: è diventata cattiva, perché porta con sé la paralisi del sistema produttivo, spinto fuori mercato dai costi dell'energia. E così si passa dalla deflazione alla stagflazione senza passare dal via.
Ecco perché questo ritorno al 1991 rischia di essere molto peggio di quanto possa evocare un salto indietro nel tempo. Trent'anni fa il clima politico era infernale e l'economia sul ciglio del baratro (in luglio la maxi manovra Amato salvò il Paese con il prelievo forzoso sui conti in banca).
Ma da quello choc è iniziato un reale risanamento economico. Oggi invece, appena usciti dal Covid, rischiamo di non essere minimamente preparati ad affrontare una nuova recessione. Imprevista e dai contorni inquietanti.
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