Direttore, adesso regalano copie del Diario negli stadi.
«È insensato».
Che cosa?
Enrico Mentana va dritto al punto: «Qualche anima bella pensa di dare il capolavoro di Anna Frank agli ultrà. Purtroppo il problema non è farglielo leggere, ma che non l'abbiano già letto. È come consegnare il codice della strada ad uno che abbia falciato trenta persone o il codice antimafia a Riina. La partita è già persa in partenza. Si confonde il problema con la soluzione».
Ma qualcosa si dovrà pur fare.
«Scusa, tu te lo vedi l'ultrà che si appassiona al testo?».
L'antisemitisimo viene da lontano?
«Ma no, qui l'antisemitismo non c'entra o è al massimo, un pretesto».
E allora di cosa parliamo?
«Parliamo dell'abc, non prendiamo come alibi concetti troppo grandi che hanno attraversato tragicamente la storia».
C'è un ribaltamento dei valori?
«Per carità, certi toni orrendi ci sono sempre stati dentro le tifoserie. Gli juventini hanno spesso evocato, per fare dispetto a quelli del Toro, la tragedia di Superga. E i supporter granata hanno replicato con i cori sul compianto Scirea».
Non è uno spettacolo edificante.
«Ovvio, ma altra cosa è profanare la memoria di una ragazza innocente costretta a vivere dentro una soffitta e poi mandata a morire in un lager».
Alessandro Piperno sul Corriere della Sera definisce grottesco tutto quello che sta succedendo. Esagera?
«No, ha ragione. Hannah Arendt a proposito di Eichmann aveva introdotto il concetto di banalità del male. Ma qui siamo oltre».
Dove siamo finiti?
«Non siamo più alla banalità del male, ma alla banalità indifferenziata fra bene e male. Fra Eichmann e Anna Frank non si sa da che parte stare. Anzi, si preferisce l'aguzzino nazista».
Abbiamo smarrito pagine cruciali di storia?
«Una decina d'anni fa il principe Harry si travesti da SS nel corso di una festa e la Corona si scusò con il rabbino capo di Londra».
Errore?
«Ricordo solo che i nazisti bombardarono Londra. La famiglia reale avrebbe dovuto scusarsi con gli inglesi, non con gli ebrei».
Sarà ma è sempre più difficile raccontare quegli orrori a settant'anni di distanza.
«Di sicuro non faremo neanche un passo in avanti con le letture forzate o imposte del Diario. Siamo di nuovo al grottesco».
Ma allora come se ne esce?
«La verità è che siamo nella poststoria».
La poststoria?
«Sono saltati tutti i navigatori e tutte le bussole e la politica non è più capace di interpretare il mondo. Se uno esibisce una svastica e glielo fai notare, lui ribatte che allora si deve intervenire anche su falci e martelli».
La storia ha fatto vittime da una parte e dall'altra.
«Appunto. Invece, almeno in Italia, si tende a relativizzare tutto. Si ma, si però, e cosi si annacqua tutto. Non c'è mai un punto fermo, mai una condanna chiara. Io sono presente sui social. Molti mi hanno scritto che in fondo tutta questa vicenda era uno scherzo o poco più».
Manca la consapevolezza?
«Mancano i fondamentali. Il dileggio dell'ebreo c'è sempre stato, ma qui siamo scivolati più in basso. Molto più in basso e se non hai letto Anna Frank da ragazzo, come abbiamo fatto tutti noi, non è che puoi recuperare dopo. Non alimentiamo inutili illusioni».
Possibile che tutto questo accada negli stadi?
«Quando ero ragazzo andare allo stadio era partecipare ad una festa, oggi solo un padre scriteriato manderebbe serenamente il figlio a vedere una partita».
Ci vuole la mano dura?
«Inutile far finta di niente con le nostre curve che spesso sono il peggio del peggio e poi frignare come bambini quando arrivano gli ultra olandesi che spaccano i nostri monumenti».
Direttore, non hai risposto.
«Hanno tolto la polizia dalle gradinate e l'hanno sostituita con gli steward. Come è andata?».
Rispondo io: è andata molto male.
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