Roma - Adesso sulla pagina Facebook di Vittorio Di Battista, dove già la scorsa settimana prima che si scatenasse tutta questa violenza nei confronti del Quirinale il padre di «Dibba» aveva pubblicato un lungo post contro il presidente Sergio Mattarella, è un susseguirsi di contenuti che esprimono solidarietà nei suoi confronti. Tutto perché Di Battista sr per le sue idee non propriamente istituzionali è finito nei guai e sta per essere indagato dalla Procura della capitale per il reato di offesa alla libertà del presidente della Repubblica, previsto dall'articolo 277 del codice penale.
I carabinieri di Roma stanno ultimando gli accertamenti per identificare con certezza l'autore del messaggio incriminato, poi Vittorio Di Battista sarà ufficialmente iscritto nel registro degli indagati per un reato punito con la reclusione da cinque a quindici anni, mentre il figlio Alessandro è in viaggio negli Usa, seppur pronto a tornare in caso di elezioni. Nel post finito all'attenzione dei magistrati, intitolato «I dolori di mister Allegria» e scritto lo scorso 23 maggio, il papà di «Dibba» lanciava avvertimenti a Mattarella prospettando l'eventualità di un assalto del popolo al Quirinale, come quello della presa della Bastiglia, nel caso in cui il capo dello Stato non «avesse fatto il suo dovere» nella soluzione della crisi di governo. Anche gli autori di tutti i commenti al suo scritto sono in corso di identificazione. Per il momento Di Battista sr sdrammatizza commentando con ironia la notizia dell'inchiesta su di lui: «Vi terrò al corrente ma sappiate che gli aranci non siciliani (probabilmente voleva dire le arance, ndr) mi causano bruciori di stomaco».
Sul web in questi giorni stanno girando tantissimi messaggi violenti contro il Quirinale. La polizia postale sta lavorando senza sosta per monitorare la rete nel tentativo di identificarne gli autori e denunciarli all'autorità giudiziaria. A rischiare grosso c'è anche il poliziotto in servizio a Catania che l'indomani del fallimento del governo gialloverde aveva postato su Facebook un video in divisa in cui contestava apertamente il presidente della Repubblica («Porto il Tricolore con orgoglio, ma chi dovrebbe dare l'esempio di sovranità italiana non lo sta dando: sta decadendo la sovranità del popolo italiano e io non ci sto»). Nonostante sia stato rimosso, il video continua a rimbalzare da un social a un altro.
Anche a Palermo si lavora per difendere l'onore del capo dello Stato cercando di dare un nome e un volto agli autori dei post diffamatori che invadono il web. Qui in Sicilia, dove nel 1980 il fratello di Mattarella venne ucciso dalla mafia, si procede per vilipendio e minacce contro coloro che sui social hanno fatto riferimento proprio al brutale assassinio di Piersanti Mattarella per colpire il presidente della Repubblica dopo la frattura con la Lega e il M5s per il caso Savona.
La Digos sta cercando di identificare gli autore di alcuni post, comparsi su Facebook e Twitter, di questo tenore: «Hanno ucciso il fratello sbagliato», «Dovremmo farti fare la fine di tuo fratello», «Ti hanno ammazzato il fratello, non ti basta».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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