Milano«Abbiamo alle spalle un periodo di difficoltà. La iniziativa di un Procuratore aggiunto di contestare alcuni casi di assegnazione di indagini da parte del Procuratore ha avuto una larga eco mediatica ed ha finito per coinvolgere anche l'immagine dell'intero ufficio. Come vi è noto, ho scelto la linea di non replicare mai sui media nonostante la ridda di fughe di notizie in tempo reale, di atti depositati agli organi istituzionali, commenti svariati e vere e proprie campagne di stampa contro di me dirette».
Così, il 6 novembre scorso, chiuso nella sua anticamera insieme a cinquantacinque dei suoi sostituti, Edmondo Bruti Liberati ha dato la sua versione dello scontro che da oltre sei mesi incupisce la vita della Procura della Repubblica milanese. Nessuna divisione, dice Bruti, che liquida come «chiacchiere» quelle di «coloro che hanno costruito nell'opinione pubblica l'immagine di una «Procura paralizzata da scontri interni». Si è trattato solo della ribellione di un singolo procuratore aggiunto, Alfredo Robledo, al quale Bruti spiega di non avere mai risposto, anche se il suo silenzio «ha avuto come effetto di consegnare alla opinione pubblica una conoscenza parziale dei fatti» e «mi è costata molto a livello di immagine personale». Ma ora, dice Bruti nella riunione, «voltiamo pagina».
Non è detto, però, che le cose siano così semplici. Ormai a decidere se e come voltare pagina non sarà la Procura di Milano ma il Consiglio superiore della magistratura, che ha deciso di riaprire la pratica, e ha sul tavolo un documento difficilmente aggirabile: la presa di posizione del consiglio giudiziario di Milano, severo verso la gestione da parte di Bruti di una serie di inchieste politicamente delicate. Il nuovo vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, è partito in quarta annunciando che sul caso Milano sarebbe intervenuto in modo rapido e «risolutivo». In realtà negli ambienti romani la sensazione è che la pratica si stia di nuovo impantanando, e che i tempi rapidi promessi da Legnini tanto rapidi non saranno. La nota positiva, da questo punto di vista, è che le commissioni incaricate delle pratica hanno rifiutato la richiesta di procedere a nuove audizioni, oltre a quelle assai numerose effettuate prima dell'estate, ma si è comunque deciso di esaminare nuovi documenti; inoltre per tutta questa settimana il Csm non lavora, le commissioni torneranno a vedersi mercoledì 3 ma neanche in quell'occasione si deciderà nulla. Dentro il Csm c'è chi ritiene che per «voltare pagina» a Milano l'unica strada sia dichiarare sia Bruti che Robledo incompatibili con i loro incarichi, e azzerare i vertici della procura.
Ma c'è anche chi considera che una soluzione così tranchant sarebbe un trauma ulteriore per un ambiente già in crisi, e propone che il Csm si limiti a non confermare nei loro incarichi i due contendenti al momento del rinnovo, ma senza marchiarli come «incompatibili».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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