Non c'era Maria, non c'era Giuseppe. Mancava addirittura il Bambino: protagonisti erano soltanto il bue e l'asino, e una mangiatoia vuota al centro. Questo era il primo presepio della storia. A volerlo così poco "affollato" non fu però qualcuno non avvezzo alle vicende di Chiesa, al contrario: a farlo realizzare fu San Francesco d'Assisi, "il più italiano dei santi e il più santo degli italiani", come lo definì Papa Pio XII quando lo proclamò Patrono del nostro Paese.
Sono trascorsi 802 anni da quella prima raffigurazione della natività, diventata nei secoli tradizione non soltanto cattolica ma anche familiare. E allora vale la pena conoscere la vicenda, tutta italiana, di come è nato il presepio. Su una montagna della zona di Rieti, nel Lazio, arrampicato fra le rocce e in mezzo a un bosco di lecci secolari.
Era il 1223 e Francesco si trovava in ritiro sul monte Lacerone, vicino al paesino di Greppio. Con alcuni fratelli francescani, in montagna cercava il silenzio e la meditazione: vivevano da eremiti, o quasi, senza nulla, nemmeno un rifugio. Francesco, malato agli occhi, era ormai quasi cieco: gli abitanti del posto, poche decine, lo ritenevano già un santo e lo imploravano di trovare una sistemazione più adeguata alle sue condizioni. Fu Tommaso da Celano a raccontare ogni dettaglio in una biografia giunta fin qui: poco importa se storia e leggenda convivono, sappiamo per certo che Tommaso conosceva bene il frate, poiché fu uno dei suoi primi seguaci.
Francesco dunque si convinse a scendere dal monte e scelse una nuda grotta come dimora, fedele sempre a Madonna Povertà, come diceva. Viveva il suo periodo più tormentato: era reduce da un lungo viaggio di predicazione in Oriente, fra Egitto, Siria e Terra Santa. E qui, a Betlemme, aveva visitato la grotta dove si ritiene sia nato Gesù (oggi in quel luogo c'è la Basilica della Natività, patrimonio mondiale dell'umanità) e ne era rimasto particolarmente colpito e molto commosso. Un bambino così piccolo, al freddo, senza nulla, il più povero di tutti: immaginarlo lo angustiava e insieme ne percepiva la grandissima potenza. "Vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme e vedere i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato. Vorrei vedere come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello", disse all'amico Giovanni di Velita, signore della zona. "Tu fai preparare come ti ho chiesto e lì trascorreremo la notte di Natale".
Giovanni fece portare in una grotta una mangiatoia con qualche manciata di fieno e gli animali. Francesco gli aveva spiegato perché non volesse figure umane in quel primo presepio vivente: sarebbero state una spettacolarizzazione dell'evento e avrebbero distolto l'attenzione dalla natività in sé, che era invece il senso di tutto. Francesco spogliava anche la preghiera di ogni orpello.
Alcuni messi furono inviati a chiamare la gente dei paesini dei dintorni e quando Francesco giunse alla grotta c'era una piccola folla. Non celebrò messa, perché era solo un diacono, ma tenne un sermone. Al momento della consacrazione del pane, scrive Tommaso da Celano, l'amico Giovanni ebbe una visione straordinaria: vide nella mangiatoia un bellissimo bambino che pareva senza vita e san Francesco che si chinava per prenderlo amorosamente in braccio. E immaginò un prodigio: il neonato apriva gli occhi e rinasceva nel cuore della gente.
Era il 25 dicembre del 1223: nel 1228, anno in cui Francesco fu proclamato Santo, proprio nella grotta dove era stata posta quella prima mangiatoia fu costruito un altare.
Se vi capita, passate per Greccio, rinominato la Betlemme francescana: in quel borgo medievale rimarrete a bocca aperta davanti al monumentale Santuario del Presepio, che pare appeso fra terra e cielo a 635 metri d'altezza, a picco sulla parete rocciosa e immerso nel bosco.
Il santuario custodisce quell'antica grotta e anche la roccia che San Francesco usava come giaciglio. Potete visitare anche i due presepi, uno in terracotta e l'altro in legno, conservati proprio lì, dove tutto ebbe inizio.