Milano Anche Italia viva risponde all'appello del comitato d'onore che organizza le celebrazioni (ad Hammamet) del ventennale della morte di Bettino Craxi. In rappresentanza del gruppo di Renzi ci sarà Davide Faraone, in quanto capogruppo al Senato.
Onorevole, con che spirito va giù in Tunisia?
«Ero bambino all'epoca di Craxi. E questo consente a me e a quelli della mia generazione di fare un'analisi più serena di quella stagione politica».
Vent'anni dalla sua morte e quasi trenta dal famoso lancio delle monetine al Raphael. Cosa resta dunque?
«Grossa parte della sua azione politica era anticipatrice di questioni che ormai sono all'ordine del giorno».
Per fare qualche esempio?
«È stato un grande statista. Nel suo modo di gestire la politica estera ha anticipato la centralità del Mediterraneo nello scacchiere internazionale e il rischio migratorio».
Quali gli aspetti del riformismo craxiano che più si adattano alla vostra esperienza politica?
«Il suo coraggio nello sfidare i sindacati sulla scala mobile, a esempio. Il suo modo di improntare le relazioni col mondo imprenditoriale, poi, era tutt'altra cosa rispetto al vecchio modo di intendere i rapporti di classe del partito comunista. E poi ha portato il piccolo Psi a percentuali importanti rendendolo centrale nella vita politica. Ricordo che anche sul caso Moro fu uno dei pochi per la trattativa. Cose che fanno di lui un riferimento».
Finora il Pd non ha aderito all'iniziativa (se non con qualche parlamentare a titolo personale). Che ne pensa?
«Mi auguro che Zingaretti ci ripensi. Di certo stupisce l'involuzione dei dem che si stanno adattando alla deriva giustizialista dei grillini. Un Pd che sta tornando a una sinistra di cui non sentiamo certamente la mancanza».
Anche il governo non ha ancora detto niente. Stupisce l'assenza di Palazzo Chigi?
«Certamente. Basti pensare che lo stesso D'Alema mandò Marco Minniti in sua rappresentanza al funerale di Craxi».
Dal punto di vista politico questa commemorazione cosa può rappresentare?
«Molto per noi di Italia viva. Le forze riformiste di questo Paese possono essere l'ago della bilancia della vita politica. E valgono un 20% dell'elettorato. A destra ormai sono minoritari rispetto al sovranismo di Salvini e della Meloni. Però con queste forze il dialogo è possibile e auspicabile.
E a sinistra?
«C'è uno spazio politico ampio, che va da +Europa al gruppo di Calenda. Un vasto raggruppamento autenticamente riformista e lontano da quel conservatorismo di sinistra che la svolta di Zingaretti sembra promettere (basti pensare ai ripensamenti sul Jobs act). Svolta che solo recentemente in Francia e in Gran Bretagna ha dimostrato tutta la sua debolezza».
Insomma è Craxi il collante del nuovo riformismo?
«Ha difeso
e auspicato la centralità dell'Europa; è stato motore di importanti riforme sociali; e il suo atlantismo ha fatto scuola. Direi che dopo 20 anni possiamo cominciare includere quella pagina riformista nel nostro percorso».
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