Prima di addentrarsi nel fitto della giungla parlamentare, tanto per difendersi dalle trappole dei vietcong della legge elettorale, converrebbe mettere nello zaino due concetti di sopravvivenza. Pilastri irrinunciabili di un sistema che concili ordinamento costituzionale ed efficacia decisionale, esigenze di democrazia e governabilità.
Il primo è la proporzionalità del voto. Assodato da una dottrina che va da Lorrimer a Stuart Mill, da Guizot a Sonnino, esso non è una semplice opinione, nel nostro ordinamento. Bensì principio votato come «ordine del giorno Giolitti» il 28 dicembre del '47 e approvato. Cristallina, come usava all'epoca, la formulazione: «L'Assemblea Costituente ritiene che l'elezione dei membri della Camera dei deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale». Punto e basta, una testa un voto. Il Parlamento «specchio del Paese» fa perciò parte non solo di una veemente arringa da parte di Togliatti contro la legge Scelba nel giorno dell'Immacolata del '52, ma di una risoluzione dottrinaria che non fu tradotta in un articolo della Carta solo perché non era ancora chiaro come far votare il Senato (si doveva cercare una rappresentatività «differenziata»). Più semplice comprendere oggi il secondo criterio, la governabilità. Si potrebbe perseguire in vari modi, e semplicemente con un premio ai vincitori che non umili gli sconfitti al punto da renderli superflui. Per questo, meglio premiare una coalizione, considerata la frammentarietà del quadro politico, piuttosto che «forzare» con un regalo al partito che arriva primo (magari dopo ballottaggio). Lo stesso Renzi, ammettendo di «rosicare» per il 23% di Macron, ne è stato involontario assertore. La verità, per usare le parole della senatrice De Petris, è purtroppo chiara: «Renzi la legge elettorale la vuole su misura, il resto sono balle».
Così ieri il Pd ha confermato di voler rigettare il testo-base, andare alla conta e proporre il Verdinellum, un misto di 50 e 50 tra proporzionale e maggioritario, che intende soprattutto ridurre al lumicino Forza Italia e ridimensionare i grillini. «Se salta anche questa proposta? Pagheremmo un prezzo alto nel dover votare con una legge molto imperfetta, l'attuale, frutto di sentenze della Corte», ha spiegato il capogruppo Rosato che, a sorpresa, cercherà persino i voti dei bersaniani di Mdp, pur di evitare il proporzionale (ridotto da Renzi a «Cespugliellum in soccorso dei piccoli partiti, non potremo mai accettarla») e il premio di coalizione proposto da Berlusconi, visto come il fumo negli occhi. Ancora più sorprendente l'asse di convenienza Pd-Lega.
Se Salvini sta al gioco, accusando Forza Italia di «incoerenza», l'azzurro Brunetta chiede al Pd di rispettare l'appello del presidente Mattarella per un'«ampia convergenza» tra le forze maggiori e avverte Renzi: «Non pensi a colpi di mano». Anche i Cinquestelle in fermento: «Diktat inaccettabile, da irreponsabili». I fuochi d'artificio oggi in commissione.
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