Il jihadista italiano su Facebook: "Voi del Giornale siete morti..."

Espulso dall'Italia due mesi fa, un sodale degli arrestati di Torino si sfoga sui social contro Sallusti e il nostro quotidiano: "Squallidi vermi, zombie che camminano". Sostieni il reportage

Il jihadista italiano su Facebook: "Voi del Giornale siete morti..."

Dopo i proclami di guerra e di vittoria, ecco gli avvertimenti ai giornalisti, passaggio classico e inevitabile degli estremisti di ogni razza e colore. Nello scenario aperto dalla inchiesta della procura di Brescia sulla cellula italiana che reclutava combattenti per l'Isis, fa irruzione via Facebook il messaggio di Oussama Kachia, il jihadista espulso da Varese due mesi fa, legato a filo doppio a Halili el Mahdi, torinese, autore del primo proclama in italiano per la guerra santa, arrestato martedì insieme a due reclutatori di combattenti. Khachia è stato espulso dall'Italia per i suoi proclami a favore dell'Isis, è riparato in Marocco, poi si è spostato di nuovo, ma continua a seguire in presa diretta quanto accade in Italia. L'altro ieri aveva mandato il suo post di solidarietà al compagno arrestato, «la notte della giustizia è stata lunga ma l'alba della vittoria la vediamo vicina». Ieri il Giornale riporta il suo messaggio.

E nel giro di poche ore ecco, sempre su Facebook, la reazione di Oussama: «Non esiste un quotidiano più squallido e spregevole del Giornale », scrive. Attacca Alessandro Sallusti e Daniela Santanchè, parlamentare del Pdl. E poi passa al giornalista che ha riportato i suoi scritti: «Hai proprio una faccia da... troppo facile infierire sui vermi. Non hai dignità, però rispecchi il genere di giornalismo spazzatura italiano. Poca professionalità e tanta codardia. Zombie, tu fai parte della categoria dei giornalisti che camminano, ma sono MORTI, sono vuoti dentro. Non avete anima e mai avrete anima». É una fissazione, quella di Oussama per i giornalisti-zombie: «É una guerra, i morti ci sono, tra i morti ci sono quelli che camminano chiamati anche giornalisti», aveva scritto pochi giorni dopo la sua espulsione dall'Italia. E non si capiva se era un giudizio o una promessa.

Ma chi è, Oussama Khachia? Trentun anni, marocchino, operaio in una fabbrica della provincia di Varese, apparentemente integrato: ma in realtà figlio d'arte, perché suo padre Brahim già nel 2006 era stato perquisito nell'ambito di una inchiesta sulla galassia integralista, ed era considerato tra i discepoli dell'imam varesino Zergout Abdelmajid, arrestato nell'operazione Revenge nel 2008 e consegnato alle autorità del Marocco per scontare una condanna. Oussama Kachia raccoglie l'eredità del padre e si spinge più in là: diventa un «ripetitore», come vengono definiti gli ultrà che svolgono la funzione chiave di rimbalzare sui social network i messaggi della propaganda jihadista. Nel giro di poco tempo, sul suo account twitter scarica oltre ventitremila messaggi. Quando vien espulso dall'Italia con provvedimento d'urgenza del ministero dell'interno, ripara in Marocco. E da lì rilascia una lunga intervista al sito Varesenews dichiarando il suo amore per l'Isis («il Califfato unisce i musulmani e fa ritornare la giustizia divina sulla Terra») e difendendo persino i video delle decapitazioni, («possiamo esser d'accordo o meno però come dicono gli analisti che seguono il conflitto sono efficaci, due giapponesi hanno fatto ritirare il Giappone dall'alleanza»).

É in questo universo di fanatici che si muovono le indagini delle procure, in attesa che parta il coordinamento centrale delle inchieste. É un coordinamento richiesto a gran voce da chi sul campo tiene monitorato quanto si muove nell'ambiente integralista.

E che ha maturato una convinzione: dare la caccia ai propagandisti del terrore vuol dire attaccare anche il braccio armato, quello operativo, perché - come dimostra l'indagine bresciana - sono due facce della stessa medaglia.

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