Jobs Act, è scontro: il Pd pensa alla fiducia

Jobs Act, è scontro: il Pd pensa alla fiducia

RomaSul Jobs Act è sempre più probabile che il governo ponga la fiducia. Possibile che le modifiche finiscano in un ordine del giorno, quindi non in un emendamento. Ma qualche segnale alla sinistra del Pd ci sarà e riguarderà come previsto i licenziamenti disciplinari, per i quali dovrebbe ritornare il reintegro accompagnato da un rafforzamento della conciliazione tra datore e lavoratore. Poi nuovi ammortizzatori sociali, legati alla formazione.

Ieri i consulenti del premier Matteo Renzi hanno lavorato alla delega lavoro, innanzitutto cercando di trovare una soluzione ai problemi politici. La minoranza del Partito democratico di fronte alla possibilità che il governo non presenti un emendamento per depotenziare la riforma del reintegro dei lavoratori licenziati, ha di fatto confermato i suoi emendamenti, che sono alternativi al tetto dell'esecutivo. Il governo per tutta risposta sta pensando al voto di fiducia, anche per evitare un aiuto esterno di Forza Italia che porrebbe diversi problemi politici. Ieri lo stesso Renzi ha messo le mani avanti. Un soccorso azzurro? «Non accadrà ciò che» il partito di Silvio Berlusconi «ha immaginato ma se accadesse non porterebbe comunque a un nuovo governo di larghe intese». L'obiettivo resta quello di approvare tutto entro la prossima settimana e mandare all'Europa il segnale che l'Italia sta facendo le riforme per la crescita. I dati sul Pil, ha ammesso il premier , sono «devastanti», ma «abbiamo arrestato la caduta».

Il responsabile economico del Pd Filippo Taddei ha confermato l'intenzione del governo di fare una riforma del lavoro soft. Versione depotenziata, così come promesso da Renzi all'ultima direzione Pd. «L'articolo 18 tutela una serie di fattispecie, diciamo che lo si sta aggiornando», ha spiegato. Le ipotesi in campo riguardano l'esclusione dalla fine dell'obbligo di reintegro, per i lavoratori i cui licenziamenti per motivi disciplinari sono stati giudicati illegittimi. Tra le strade, quella di un superindennizzo, per invogliare i licenziati ad andarsene comunque. Ma il reintegro rimane: «Se un lavoratore è accusato di aver rubato sul posto di lavoro e questa accusa è infondata, quel posto di lavoro deve avere il diritto a riottenerlo. Noi vogliamo - ha concluso - incoraggiare la conciliazione, tutti quegli strumenti che facilitano l'accordo tra le parti».

Poi c'è il capitolo ammortizzatori sociali. Ieri il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha spiegato che «nessun italiano deve stare a casa ad aspettare». Tradotto, i sussidi saranno legati alla ricerca di lavoro o alla formazione, che però sarà sempre meno materia esclusiva delle regioni.

«Stiamo pensando che nell'operazione di riforma degli ammortizzatori sociali e quindi di costruzione di strumenti di politiche attive, il tema della formazione sia centrale», ha spiegato Poletti. L'idea è di finanziare parte dei nuovi ammortizzatori con i fondi che oggi vengono trasferiti alle regioni per i corsi.

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