Khamenei insulta Trump Macron-Merkel: salvare il patto

La guida suprema degli ayatollah minaccia di riavviare il programma atomico. Le preoccupazioni dei leader Ue

Khamenei insulta Trump Macron-Merkel: salvare il patto

Il giorno dopo l'annunciato strappo di Donald Trump all'intesa sul nucleare iraniano, il Parlamento di Teheran sembrava tornato indietro di decenni: i deputati cantavano slogan contro il Grande Satana e bruciavano bandiere americane. Il presidente riformista Hassan Rouhani si impegnava a salvare il trattato anche senza gli Stati Uniti attraverso il dialogo con gli altri firmatari, ma la Guida Suprema del regime islamico, l'ayatollah Ali Khamenei, sceglieva un linguaggio più diretto per rivolgersi a Trump: «Il suo discorso è stupido e superficiale, non può fare un accidente contro di noi». Affermazione dubbia, apparendo sempre più chiaro che il presidente americano, d'intesa con Israele, è pronto a usare la forza se l'Iran dovesse riavviare il suo programma nucleare: «Consiglierei loro di non provarci - ha detto ieri - Se lo faranno, ci saranno conseguenze molto gravi».

Anche a Bruxelles, sia pure con modi e toni più urbani, si esprime contrarietà alla mossa di Trump. O, per essere più chiari, si diffonde verso il grande alleato d'oltre Atlantico un disagio che sconfina nella freddezza. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha parlato senza mezzi termini di «decisione inutile» e ha accusato Washington di aver provocato «una crisi diplomatica» con gli europei. E da diverse cancellerie del Vecchio continente arrivano segnali d'insofferenza e ribellione. Così il presidente francese Emmanuel Macron - d'accordo con la cancelliera tedesca Merkel, che critica la «decisione grave» di Trump, sulla necessità di salvare il patto - telefona a Rouhani per assicurare l'impegno di Parigi a «lavorare insieme per mantenere l'accordo sul nucleare», mentre il suo ministro degli Esteri Yves Le Drian denuncia «la logica americana isolazionista, protezionistica e unilaterale» e anticipa l'intenzione di agire di concerto con le aziende del suo Paese «per preservarle al massimo dalle misure statunitensi». E il capo della diplomazia tedesca Heiko Maas annuncia che oggi sarà a Mosca per consultarsi con il collega russo Sergei Lavrov, uno che lo strappo di Trump con l'Iran non lo condivide assolutamente.

Nel drammatico vuoto di potere italiano, i partner europei cercano di coordinare le loro mosse e di decidere contromisure. Lunedì prossimo i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito incontreranno gli iraniani, mentre mercoledì Juncker presiederà il collegio dei commissari nel corso del quale potrebbe essere riesumato un regolamento Ue usato vent'anni fa per neutralizzare le ricadute delle sanzioni americane contro Cuba.

Venendo al campo dei Paesi che approvano la decisione di Trump, ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu è volato a Mosca per consultarsi con Vladimir Putin. Il presidente russo è alleato degli iraniani e dei siriani, entrambi nemici giurati dello Stato ebraico, ma proprio in virtù di questi suoi rapporti preferenziali si pone anche come garante della sicurezza di Israele. Netanyahu, che affida più volentieri la sicurezza del suo Paese agli americani, ha detto chiaramente a Putin di considerare l'Iran «un Paese che rappresenta una minaccia, che vuole sterminare sei milioni di ebrei» e ha discusso con lui del coordinamento tra le forze di difesa iraniane e il contingente russo presente in Siria «alla luce di quanto avviene ai nostri confini».

Putin ha espresso la volontà di trovare soluzioni d'intesa con gli israeliani, ma non ha dimenticato di ricordare al suo interlocutore di aver analizzato con il proprio consiglio di sicurezza l'episodio dell'attacco aereo dell'altra notte alla base aerea siriana di al-Kisweh, attribuito agli israeliani, nel quale sarebbero morti otto iraniani.

Interessante, infine, la presa di posizione della Lega Araba, che in chiave anti-iraniana appoggia la decisione di Trump e chiede la revisione dell'accordo sul nucleare del 2015.

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