Interrogato, torturato e infine ucciso. Non sembrano esserci più dubbi sulla fine del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, scomparso lo scorso 2 ottobre dopo essere entrato al civico 6 di via Konaklar Mahallesi, sede del consolato di Riad a Istanbul, per ritirare documenti del suo matrimonio. Le drammatiche e raccapriccianti rivelazioni sono state pubblicate nelle scorse ore sulla versione online dal quotidiano Daily Sabah, uno dei giornali più accreditati della Turchia. Nell'articolo-choc si può leggere che Khashoggi ha registrato e filmato il suo interrogatorio, tortura e uccisione attraverso un Apple Watch che aveva al polso, orologio che a sua volta ha riversato il contenuto sul telefono cellulare e all'iCloud (servizio per creare copie di sicurezza dei dati su un hard disk online) del giornalista. Le forze di sicurezza che conducono le indagini avrebbero poi trovato le registrazioni nel telefono che Khashoggi aveva lasciato alla sua fidanzata, Hatice Cengiz, poco prima di entrare nel consolato. A confermare il contenuto della registrazione è anche il presidente dell'associazione giornalisti turco-araba Turan Kislakci, amico di vecchia data dello stesso Khashoggi. Turan ha spiegato che le autorità turche hanno condiviso con lui i filmati per valutarne l'attendibilità, spiegando tra l'altro di aver riconosciuto nel video ben tre dei quindici agenti sauditi responsabili dell'omicidio. «Li conosco perché fanno parte della guardia del corpo del principe ereditario Bin Salman», figlio dell'attuale monarca e possibile mandante dell'omicidio. Ipotesi che se confermata rovinerebbe per sempre l'immagine del Principe che fino a ieri si era distinto per alcune lodevoli iniziative riformiste molto apprezzate in Occidente. Il Daily Sabah scrive inoltre che gli assassini di Khashoggi avrebbero ripetutamente e invano tentato di accedere ai dati contenuti nell'Apple Watch, utilizzando possibili password, per poi riuscirci usando le impronte digitali della vittima.
La scomparsa di Khashoggi sta avendo pericolose ripercussioni diplomatiche. Se è vero che i rapporti tra Turchia e Arabia Saudita si sono deteriorati negli ultimi anni, è altrettanto acclarato che i legami economici sono piuttosto solidi, e questo spiegherebbe la cautela nelle dichiarazioni pubbliche da parte delle autorità di Istanbul. Riad è un mercato importante per le esportazioni turche: almeno duecento società di costruzioni di Istanbul, Ankara e Smirne operano in terra saudita. Senza dimenticare il flusso turistico di un milione di sauditi l'anno verso le coste del Mar Nero. Sulla questione Khashoggi vuole vederci chiaro anche la Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha promesso una punizione severa se dietro la sparizione del giornalista ci dovesse essere la mano del regno di Salman. «Scopriremo la verità - ha dichiarato alla Cbs -. Al momento loro negano e lo fanno in maniera veemente. Potrebbero essere stati loro? Sì, e andremo fino in fondo a questa storia e ci sarà una severa punizione». Trump al momento ha comunque escluso sanzioni, ben ricordando che i sauditi spendono 110 miliardi di dollari per acquistare equipaggiamento militare made in Usa, denaro che Riad potrebbe girare a Russia o Cina. L'amministrazione Trump vanta inoltre ottimi rapporti, tramite il genero del presidente Jared Kushner, con re Salman in persona.
Dal canto suo l'Arabia Saudita continua a negare ogni addebito affidandosi alle parole del ministro degli Interni Abdulaziz bin Saud. «Sono solo menzogne e accuse senza fondamento - spiega -.
La ricostruzione fa acqua da tutte le parti, sembra presa in prestito da un pessimo libro di spionaggio. È inoltre interesse di Riad proseguire le indagini in collaborazione con la Turchia per fare completa chiarezza sulla scomparsa».
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