Kiev meno rigida e Mosca all'angolo. Dopo Gedda una svolta è possibile

Anche i Paesi più vicini sembrano girare le spalle alla Russia che cerca la sponda cinese. Ma Pechino: "Noi vogliamo la pace"

Kiev meno rigida e Mosca all'angolo. Dopo Gedda una svolta è possibile
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Tempi lunghi, molte incognite, trattative complicate. Ma qualcosa inizia a muoversi e, forse per la prima volta, non ha il puzzolente odore di una guerra senza fine. Dal vertice di Gedda arriva a sorpresa una flebile ma significativa brezza che profuma di pace e che, lentamente, potrebbe segnare una svolta nel conflitto tra Russia e Ucraina. Il summit ha infatti compattato tutti, anche quei Paesi dei Brics più vicini alla Russia, su un concetto chiave: il rispetto dell'integrità territoriale ucraina come principio fondante per qualsiasi ipotesi di dialogo. E non è un passo avanti da poco. Sia chiaro. Arrivare a un compromesso tra le posizioni massimaliste di Russia e Ucraina non sarà facile, ma mai come adesso l'intransigenza di Mosca sembra scontrarsi con il comune senso della realtà. Lo stesso che potrebbe portato Kiev a fare un piccolo passo indietro per poter finalmente arrivare a un risultato reale.

Finora dall'Ucraina zero aperture: via i russi, restituzione dei territori e poi dialogo. Sacrosanto sulla carta ma umiliante fuori misura per l'invasore russo. Da Gedda l'ipotesi di rinunciare a qualcosa (forse parte della Crimea) per tornare a ragionare di sovranità territoriale. Smascherando, tra l'altro, chi come la Russia resta sulle sue posizioni folli, finendo quindi per rimanere isolato. E non a caso infuriati. Con l'Arabia che diventa protagonista nelle trattative, anche per cercare di ripulirsi l'immagine internazionale, il presidente turco Erdogan, in vista dell'incontro con Putin a fine agosto, cerca di tornare in auge e vorrebbe proporre una concreta mediazione per arrivare al più presto a un cessate il fuoco. «Continuiamo i nostri sforzi», conferma una fonte di Ankara. «Erdogan offrirà la sua mediazione, ribadendo la tesi secondo cui in questa guerra non ci saranno né vincitori né vinti».

Kiev, per ovvie ragioni di facciata, ribadisce che «l'unica base per i negoziati è quella della formula di pace del presidente Zelensky. Non possono esserci posizioni di compromesso», dice Mykhailo Podolyak, forte dell'appoggio di gran parte della comunità internazionale ma sembra ora più malleabile. Al contrario di Mosca che schiuma rabbia. «La risoluzione del conflitto ucraino è impossibile sulla base di ultimatum insensati alla Russia. Una risoluzione sostenibile del conflitto ucraino è possibile solo se Kiev ferma le azioni di combattimento e gli attacchi terroristici, che l'Occidente alimenta con le sue armi», dice il ministero degli Esteri, fingendo di ignorare come e perché sia iniziata questa guerra e quale sia il Paese che da mesi colpisce indiscriminatamente obiettivi civili nel Paese che ha parzialmente invaso e occupato. Ma se anche i paesi alleati, mollano di fatto la Russia, Mosca non potrà che prenderne atto e sarà di fatto costretta ad abbassare il tiro delle sue fantascientifiche richieste.

Non a caso proprio ieri il ministro degli esteri Lavrov, tra i più stretti collaboratori di Putin, ha avuto un colloquio con l'omologo cinese Wang Yi, discutendo anche della questione ucraina e del summit di Gedda dove era presente una delegazione di Pechino.

«Nessuna riunione che non coinvolga la Russia può avere valore», ha ribadito Lavrov, alla disperata ricerca di una sponda di sostanza con Pechino però ancora fredda: «la Cina manterrà una posizione indipendente e imparziale e si impegnerà per trovare una soluzione politica, ha detto Wang. «Nuovo summit entro un mese», dice il capo dell'ufficio di presidenza Andriy Yermak. Su queste rinnovate basi e con posizioni consolidate, potrebbe davvero rappresentare una svolta.

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