«L'Africa può rappresentare il punto debole per il controllo del virus». Gianni Rezza direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, come tutti i giorni da quando è stata dichiarata l'emergenza coronavirus è appena uscito dalla riunione della task force quotidiana che si tiene al ministero con esperti e tecnici e il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Covid-19 è arrivato in Africa. Era evitabile? E se sì che cosa non ha funzionato?
«L'Organizzazione mondiale della sanità aveva subito lanciato l'allarme rispetto ai rischi di una diffusione globale. Soprattutto per i meccanismi di controllo, sorveglianza e contenimento dei sistemi sanitari meno efficienti. La preoccupazione in questo caso è concreta rispetto al fatto che l'Africa rappresenta un punto debole nella catena di controllo».
Il caso è stato registrato in Egitto e si tratta di un turista cinese.
«Nel caso specifico infatti possiamo guardare al bicchiere mezzo pieno: un caso importato e subito monitorato. Anzi, mi meraviglio siano stati così tempestivi nell'identificazione del coronavirus visto che il paziente non aveva sintomi rilevanti. Evidentemente hanno un buon sistema di controllo all'arrivo. Un caso in Egitto non desta particolare allarme: siamo in nord Africa dove gli strumenti di contrasto ci sono.»
Ma se scoppia un'epidemia in Africa corriamo più rischi che si diffonda anche in Italia?
«L'Italia è il paese che ha varato da subito le misure di controllo più rigide. É mancata all'inizio una posizione unitaria dell'Europa che soltanto ora sta uniformando i comportamenti e le scelte dopo la riunione dei ministri della sanità di giovedì scorso. Siamo stati gli unici ad aver bloccato da subito i voli diretti. Nonostante la presenza di tre contagiati non abbiamo avuto casi di infezione da uomo a uomo sul territorio. Germania, Francia ed Inghilterra sì».
Saremmo in grado di contenere una diffusione dall'Africa?
«In assoluto indubbiamente più è diffuso il virus più rischio è alto ma non è legato necessariamente ai flussi migratori. I casi registrati in Europa sono arrivati in volo, con il turismo. E gli scambi con l'Africa sono paragonabili a quelli con la Cina ugualmente frequenti. Il timore è un altro».
Quale?
«In Africa il coronavirus incontrerà sistemi sanitari vulnerabili, non in grado di riconoscere e fronteggiare una eventuale epidemia. La Cina lo sta facendo anche se ha iniziato in ritardo ma l'Africa nel suo complesso non sarebbe in grado di mettere in atto le stesse misure».
Ritiene credibile l'ipotesi che in Africa i casi di Covid-19 siano già molti ma in aree dove non sono in grado di identificarli?
«Non abbiamo evidenze per questi casi. Non possiamo fare ipotesi basate sul nulla»
Non si placano le polemiche sul sistema di classificazione
Si purtroppo non è ancora possibile avere certezze sul numero dei casi».
E sul tasso di mortalità? Il 2%?
«Non è ancora possibile definirlo. Una certezza c'è: le morti sono concentrate nel focolaio dell'epidemia».
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