Cronache

L'agguato sui migranti di Parigi e Berlino (dopo 99 vertici inutili)

Helsinki, l'idea degli sbarchi nei porti più vicini L'Italia rompe. E in 4 anni nessuna alternativa

P iù che una riunione dei ministri degli Interni europei quella svoltasi ieri a Helsinki è sembrata l'ennesima imboscata all'Italia. Un'imboscata resa più succulenta dall'insolita presenza di Matteo Salvini accusato di aver disertato, da quando è al Viminale, sei delle sette precedenti riunioni dei suoi omologhi europei. E così all'ottava gli è toccato non solo presenziare, ma pure litigare.

Stavolta Salvini qualcosa da dire l'aveva. Nella cartella s'era infilato la proposta, preparata d'intesa con Malta, per coinvolgere le altre nazioni europee in un'immediata e obbligatoria ripartizione di tutti i migranti regolari od irregolari approdati da noi o sulle coste di La Valletta. «La gestione delle richieste d'asilo deve anche includere - proponeva il documento - anche il rimpatrio delle persone la cui richiesta di protezione internazionale è stata respinta». La proposta, però, ha vita breve. Non appena ad Helsinki Salvini si rende conto che la linea decisa da Francia e Germania non lascia spazio ad alcuna sostanziale novità. Anzi punta riaffermare come Malta e Italia siano non solo gli unici «porti sicuri» per chi viene ripescato in acque libiche, ma anche i «più vicini» e rappresentino dunque gli irrinunciabili approdi obbligati per chiunque abbia un carico di migranti da sbarcare. L'unica novità, paragonabile a una presa in giro, è l'ipotesi che a farsi carico di un'immediata ripartizione dei disperati scaricati fra Italia e Malta arrivi una «coalizione di volonterosi» formata da stati europei pronti ad accettare volontariamente la redistribuzione. Una coalizione da cui Francia e Germania si escludono preventivamente incoraggiando la partecipazione di Lussemburgo, Portogallo e Finlandia. Insomma una presa in giro bella e buona che senza il secco «no» di Salvini al collega francese Christophe Castaner e a quello tedesco Horst Seehofer si sarebbe conclusa con la ratifica dell'ennesima fregatura dell'Italia.

In verità non è andata meglio. Spostando la decisione a settembre l'Italia resta la meta principale, e irreversibile, di tutti gli sbarchi. Del resto i ben 99 vertici e riunioni dedicati a a trovar «risposta alle pressioni migratorie» registrati sul sito del Consiglio Europeo a partire dal 23 aprile 2015 (prima data presa in considerazione) fanno ben capire come in Europa non vi sia molta voglia di cambiare le regole. Anche perché i pronunciamenti contrari all'Italia risalgono a ben prima e sono ancor più numerosi. Difficile dimenticare come la fine dell'operazione «Mare Nostrum», con cui l'Italia si accollò nel 2014 il soccorso di tutti i disperati del Canale di Sicilia, sia stata seguita dall'inconsistente operazione europea Triton che continuò a scaricare sulle nostre coste tutti i migranti. O come la redistribuzione di 40mila richiedenti asilo decisa dalla Commissione nel settembre del 2015 non sia mai arrivata a compimento. Per non parlare delle 34 inutili riunioni del 2016 e delle 13 del 2017 che spinsero il ministro degli interni Marco Minniti a metter fine al coordinamento con gli altri Paesi europei per lanciare azioni autonome di contenimento delle partenze sul territorio libico e limitazioni alle operazioni delle Ong .

E volendo allungare la lista dei cimiteri imbiancati dell'Unione Europea come dimenticare le inutili riunioni dell'estate 2018 in cui s'ipotizzarono mai realizzate revisioni del Trattato di Dublino o altrettanto illusori centri di identificazione e rimpatrio da ubicare in paesi europei terzi o sulle coste africane. Tutti progetti mai arrivati a compimento. Anche perché la soluzione più conveniente per Francia e Germania resta il mantenimento dello «status quo». Ossia scaricare sull'Italia il peso dei migranti relegandola, come già fatto con la Grecia, al ruolo di campo profughi dell'Ue.

Un modo perfetto per piegarla economicamente e ricattarla politicamente.

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