Il premier costretto alla politica del rinvio

Il lungo mese del decisionismo a singhiozzo di Renzi

Il premier costretto alla politica del rinvio

Non saranno solo le macerie del patto del Nazareno a rendere impervia la strada del governo, ma è un fatto che ormai da un mese a questa parte Matteo Renzi sia costretto a una serie di stop and go che per la prima volta da quando è a Palazzo Chigi ne stanno minando l'immagine di decisionista risoluto.

La prima avvisaglia la si è avuta tre settimane fa sulle riforme istituzionali, perché lo spettacolo della Camera costretta alla sedute notturne per approvare non un decreto in scadenza ma la legge che dopo quasi settant'anni dovrebbe riscrivere la Costituzione e cancellare il Senato è stato pessimo e senza precedenti. Una chiara forzatura che si è immediatamente trasformata in un segnale di evidente debolezza, quella di una maggioranza che nonostante numeri bulgari ha avuto paura di rimanere imbrigliata nell'ostruzionismo.

Da allora sono passati una ventina di giorni - ed è trascorso poco più di un mese dall'elezione al Colle di Sergio Mattarella che ha sancito la rottura dell'intesa tra Renzi e Silvio Berlusconi - e il governo appare sempre più impantanato. L'ultimo atto ieri sul fronte giustizia, con il disegno di legge sulla corruzione annunciato in aula al Senato per oggi e che invece viene rinviato (per la quarta volta). D'altra parte nella maggioranza l'accordo sul falso in bilancio (sanzioni e soglie di punibilità) non c'è e dunque la capigruppo di Palazzo Madama non poteva che rinviarne l'esame (per ora al 17 marzo). E non vanno meglio le cose alla Camera, dove il governo problemi di numeri certo non ne ha. Ieri, infatti, in commissione Giustizia è saltata la maggioranza sulla nuova legge sulla prescrizione, con Ncd che ha votato insieme a Forza Italia e M5S. L'affanno, insomma, è evidente. Anche perché solo 24 ore fa a slittare era stata la riforma della scuola. Con Renzi che dopo tanti annunci roboanti si è limitato a presentare una bozza e rimandare il tutto a settembre.

La conferma che a Palazzo Chigi si registra una certa preoccupazione sta tutta nell'interesse con cui in queste ore si sta valutando l'apertura al dialogo arrivata da Beppe Grillo. Il leader del M5S si è infatti detto disponibile al confronto su Rai e reddito di cittadinanza e Renzi si è ben guardato dal chiudere la porta.

Dopo la maggioranza che ha dato la fiducia al governo (Pd-Ncd-Sc), quella che ha approvato le riforme (Pd-Ncd-Sc-Forza Italia), quella che ha votato l' Italicum (Pd-Ncd-Sc-Forza Italia ma senza la minoranza dem) e quella che ha eletto Mattarella al Quirinale (Pd-Ncd-Sc-Sel) non è affatto escluso che Renzi non stia ragionando su un quinto forno con il M5S. Una mossa ragionevole e allo stesso tempo azzardata, perché - lo dimostrano gli affanni di queste settimane - tenere tutto insieme potrebbe risultare sempre più difficile.

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