L'asse tra il capo dello Stato e Palazzo Chigi

RomaEcco il bollino della Real Casa. «Ci sono misure importanti per la crescita - dice Giorgio Napolitano - sia direttamente per le politiche di investimenti, sia indirettamente per la riduzione della pressione fiscale». E così, in attesa del visto più importante, quello della Commissione europea, Matteo può ripararsi sotto lo scudo del Colle e sfidare Bruxelles: «Se c'è bisogno di discutere lo faremo. Ma escludo l'apertura di procedure di infrazione, noi rispettiamo i trattati». Ma Renzi è sereno anche perché il fronte dei governatori, che minacciavano sfracelli, si è sgretolato. «Abbiamo delle proposte - spiega Sergio Chiamparino -. Se si incontriamo, possiamo risolvere il problema». «Parlo con tutti - risponde il premier - ma le Regioni devono fare la loro parte perché hanno di che farsi perdonare. Devono tagliare gli sprechi, non i servizi. I cittadini hanno già pagato».

Quindici miliardi di tagli in più, diciotto miliardi di tasse in meno: al capo dello Stato piace come il premier ha impostato la legge di Stabilità e non fatica a blindare il governo in vista dell'esame della Ue. «Mi pare che siamo in una situazione di passaggio in vista del Consiglio europeo di fine ottobre. Penso però che le posizioni prese con notevole nettezza dal governo italiano, ma non solo dall'Italia, vadano nel senso di un forte rilancio delle politiche per la crescita». Vedremo se la Merkel recepirà il messaggio.

I governatori invece hanno già capito che aria tira, e cioè brutta per loro: Renzi non è intenzionato a cedere e le Regioni, dopo i casi Fiorito, Expo eccetera, non sono al momento le istituzioni più popolari: «Hanno di che farsi perdonare». E sente la vittoria: «Sono sicuro, prevarrà il buonsenso». Il primo a fare parziale marcia indietro è stato proprio Chiamparino, presidente della Conferenza Stato-Regioni, che ha chiesto «una moratoria dei tweet » e ha proposto un incontro. «Da Matteo andiamo con proposte concrete, che non toccano i 4 miliardi ma che li articolano in modo da consentire di reggerli».

Ma, si obietta, Chiamparino è un renziano della prima ora. Che dire allora del bersaniano Enrico Rossi, presidente della Toscana? Ha fatto la voce grossa, ha protestato un po' per i tagli, ha minacciato di alzare i ticket sanitari, ma poi si è arreso: «La manovra nel suo complesso è buona, aggiungerei solo più investimenti e più giustizia sociale. Caro Matteo, ci vuole più coraggio». In Toscana dicono che si stia riciclando, che «si è appiattito per farsi ricandidare». Ottimista pure Deborah Serracchiani, vicesegretario del Pd e governatrice del Friuli Venezia Giulia: «Penso che si riuscirà a trovare un punto di equilibrio in un incontro che, sono convinta, ci sarà tra il presidente del Consiglio e le Regioni». E anche un altro governatore del Pd, Marcello Pittella, presidente della Basilicata, approva la stangata. «Se condividiamo la scelta di dare priorità al lavoro e quindi all'abbassamento, alla riduzione della pressione fiscale, dobbiamo farci carico di questi tagli». Come pescare i soldi? «Con una rimodulazione dello sistema. Visto che non possiamo fare tutto, ristabiliamo le priorità».

Così l'unico presidente del centrosinistra rimasto realmente in trincea è Nicola Zingaretti. Il governatore del Lazio, che l'altro giorno ha accusato Palazzo Chigi di «tagliare le tasse con i soldi degli altri», è furente con i suoi colleghi che l'hanno abbandonato.

Pure lui però ha dovuto sfumare i toni: «Sgombriamo il campo da un equivoco. Io sostengo il governo Renzi e sento mia la battaglia di innovazione dell'Italia, ma sono il rappresentante dei cittadini del Lazio e combatto per loro. Con i tagli infatti ci saranno ricadute devastanti».

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