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"L'attacco chimico in Siria forse iniziativa di un generale"

Il direttore CeSi: è dubbio che l'ordine l'abbia dato Assad. Su Mosca: «Non vedo rischi di grave crisi con la Russia»

"L'attacco chimico in Siria forse iniziativa di un generale"

Dietro alla morte dei bambini a causa del gas, in Siria, in realtà potrebbe esserci un generale solitario. Il CeSi (centro di studi internazionali), che ha sede a Roma, sta esaminando foto e filmati e, da un'analisi approfondita, alcuni elementi portano in questa direzione. A raccontarlo è il presidente dell'istituto in cui lavorano esperti di geopolitica internazionale, professor Andrea Margelletti.

Professore, ci racconti, cosa emerge dagli elementi che avete a disposizione.

«Al Cesi stiamo esaminando le foto che circolano relative a quell'avvenimento e, se da una parte ci sono alcuni dati che lasciano pensare che possa essere stato Assad o più che Assad un comandante indipendente che ha deciso di utilizzare armi chimiche, altre cose, ma è troppo presto per valutarlo - e parlo di fonte aperta - lasciano presagire la possibilità che sia stato colpito un deposito di ribelli e che questi abbiano fatto uscire il gas che poi ha ucciso tutte quelle persone. Ma ripeto, coi mezzi che abbiamo a disposizione al CeSi, è ancora presto per dirlo».

Quindi la reazione di Trump potrebbe essere una conseguenza errata?

«Trump è sicuramente arrivato a bombardare sulla base di quello che è avvenuto l'altro giorno. In realtà, già in passato, gli americani erano intervenuti in Siria. Quella dell'altro ieri è un'azione punitiva e che non fa parte di una campagna aerea strutturata».

Insomma, ha fatto tutto da solo, senza l'aiuto di nessuno?

«Sicuramente, l'attuale presidente degli Stati Uniti ha uno stile diverso, rispetto a Obama. Ciascun leader ha il suo stile, che può piacerci o meno, ma ognuno governa come meglio ritiene. Ed è necessario puntualizzare: quella dell'altro giorno è un'operazione unilaterale americana. Non è un'operazione contro l'Isis all'interno della campagna di combattimento contro il jihadismo. È una risposta che il governo americano ha deciso, in maniera unilaterale, di compiere».

Ovvero?

«Quello che fa un singolo governo è una scelta di quel singolo governo. Loro hanno avvertito i russi, che avrebbero bombardato, per evitare che su quell'aeroporto ci fossero loro connazionali. Il governo americano ha ritenuto di intervenire su questa questione e ha fatto l'operazione. Se l'Italia decide di fare un'operazione unilaterale non si consulta nessuno. Lo decidiamo noi».

Secondo lei la decisione di Trump potrà creare tensioni internazionali?

«Sicuramente non c'è rischio di crisi con la Russia. Nessuno vuole morire per Damasco. Che ci sia tensione internazionale è ovvio, ma che si vada a uno scontro per una crisi in Siria mi pare assolutamente inimmaginabile. La Guerra fredda è finita, l'Unione Sovietica non c'è più. Rischi non ce ne sono più. Io ricordo la preoccupazione per i soldati italiani che andavano all'interno della missione Nato in Lettonia: destarono scalpore, si parlò di offensiva, quando si trattava di cose assolutamente normali».

Cosa pensa che succederà in futuro in Siria?

«Per la Siria vedo una situazione di quello che nel gioco degli scacchi si chiama l'arrocco. Ovvero: Assad è forte in alcune zone, da cui nessuno lo muove, ma non sarà mai più in grado di riprendere tutta la Siria. D'altronde non ne è neanche interessato lui. D'altra parte l'Occidente non ha, sino ad adesso, portato alcun interlocutore politico che possa prendere il posto di Assad. La politica russa è una politica dissennata, secondo i nostri interessi. Putin non fa l'interesse dell'Europa, ma i suoi. Però, da qui a dire che Putin fa i nostri interessi, quando non li fa neanche Trump...

».

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