Chissà quanto ci ha pensato, allo slogan con cui salire sul palco. Chissà quante volte lo ha riprovato davanti allo specchio. «Sono qui al centro commerciale - perché compri oggi e paga Natale». Però poi, quando si è trovato sul palco, davanti ai clienti del centro commerciale, e ha recitato il suo slogan, a Massimo Tartaglia deve essere sembrato che non si capisse niente. Che, un'altra volta nella sua vita, tra lui e il mondo una specie di velo impedisse ai suoi pensieri di arrivare a destinazione. Ha cercato di spiegarsi meglio, «Cioè, Babbo Natale...» ma la situazione non è migliorata. Gelo. Al momento di dargli il voto, nemmeno una mano si è alzata per sceglierlo come candidato ideale per il posto cui aspirava. Non sarà lui, Massimo Tartaglia, il Santa Claus che per dieci giorni accoglierà i clienti dello shopping natalizio, al centro commerciale (...)
(...) di Peschiera Borromeo, periferia est di Milano.
È riapparso così, per la prima volta in pubblico, l'uomo che cinque anni fa in piazza del Duomo tirò in faccia a Silvio Berlusconi una riproduzione del Duomo di Milano, spaccandogli il labbro e un po' di denti. Per una manciata di giorni, per un pezzo d'Italia Tartaglia divenne una specie di eroe, sui muri e su Facebook si sprecavano i «Tartaglia santo subito», senza che nessuno dei fan improvvisati si domandasse quale dramma umano ci fosse dietro al gesto di questo uomo dall'equilibrio fragile. Tartaglia non era un violento o un rivoluzionario, era solo un malato. Tra i pochi a rendersene conto da subito fu la sua vittima: Berlusconi non lo denunciò, non si costituì parte civile, non ostacolò in alcun modo il percorso che trasformò l'inchiesta giudiziaria in un tentativo di cura. Tartaglia venne interrogato, rivelò di votare per l'Italia dei valori, del suo gesto diede spiegazioni confuse. Dopo pochi giorni di carcere, venne trasferito in una comunità di recupero. Sei mesi dopo l'agguato a Berlusconi, un giudice lo assolse da tutte le accuse perché «totalmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto». Berlusconi non si oppose.
Tartaglia non tornò libero, perché venne rinchiuso a San Colombano al Lambro, nel silenzio un po' alienante di una comunità per disabili psichici. C'è rimasto a lungo. Solo lui e i medici che lo hanno seguito in questi anni sanno quanto abbia recuperato pezzi del suo equilibrio malfermo. Là, nelle stanze ovattate della comunità, fortunatamente non gli arrivava l'eco dei messaggi di solidarietà che imperversavano sul web, e che di certo non lo avrebbero aiutato a tirarsi fuori dalle sabbie mobili del suo delirio.
Uscito dalla comunità di San Colombano, Tartaglia è tornato a casa dei suoi, a Cesano Boscone: lo stesso comune, per una singolare combinazione, dove ogni venerdì Berlusconi presta il suo servizio di volontario in una casa di cura per anziani. Ma nonostante le cure, il lanciatore del Duomo non è riuscito a rimettersi in sesto abbastanza da poter tornare sul serio a lavorare. Così, quando ha letto del bando del centro commerciale di Peschiera, ha deciso di candidarsi. Obiettivo: dieci giorni di lavoro con barba bianca e pigiamone rosso, tra le famiglie con i bambini: salario previsto, duemila euro.
Meccanismo un po' «american» e anche un po' crudele, quello inventato dal centro per scegliere il candidato giusto: pochi secondi davanti alla piccola folla dei clienti, il tempo di presentarsi, leggere qualche frase, venire votati. Domenica 30 novembre, alle quattro di pomeriggio, Tartaglia ha affrontato la prova. Rispetto alle foto degli attimi convulsi seguiti all'aggressione al Cavaliere, l'uomo appare vistosamente ingrassato: ma è probabile che, più della necessità di calarsi nella parte di Babbo Natale, sia un effetto collaterale degli psicofarmaci. Sale sulla piccola pedana, un po' goffo, il maglione rosso. «Sono Massimo Tartaglia», dice, prima di recitare il suo slogan. Non sembra che, lì per lì, qualcuno lo riconosca. Ma, evidentemente, qualcuno poi collega l'uomo col maglione al Tartaglia di cinque anni fa. Se fosse Babbo Natale, gli chiedono, con chi vorrebbe andare a cena? «La Befana».
Non un'attrice, o magari un politico? «Beh, i politici forse è meglio che li lasci perdere...». Ieri le foto arrivano in esclusiva su Oggi , poi anche il filmato piomba sul web. E un pover'uomo suggestionabile e suggestionato si ritrova strappato al silenzio in cui per il suo bene dovrebbe stare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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