
Nel giorno in cui i leader europei si compattano in vista dell'incontro previsto per oggi a Washington con Trump e Zelensky, da Mosca Vladimir Putin detta le proprie condizioni per arrivare a una soluzione diplomatica della guerra in Ucraina. Si tratta di dieci punti in gran parte inconciliabili con le richieste ucraine e con la linea europea che ricalcano la dottrina Gromyko, la strategia negoziale sovietica ideata dal ministro degli Esteri dell'Urss dal 1957 al 1985, basata su richieste massime in fase di trattativa. È chiaro che le pretese di Putin dovranno essere mediate con quelle di Kiev ma il presidente russo ha avanzato un elenco che si può sintetizzare in dieci punti.
Anzitutto il ritiro dell'Ucraina dalle due regioni del Donbass, Luhansk e Donetsk, comprensivo dei territori ad oggi non occupati dall'esercito russo, un'ipotesi che però incontra la contrarietà di Zelensky. In secondo luogo Putin propone di "congelare" la situazione lungo la linea del fronte a oggi nelle regioni di Zaporizhzhia e Kherson. Ciò comporterebbe l'annessione alla Russia dei territori ucraini al momento controllati ma in cambio sarebbe disposto a cedere aree limitate nelle regioni di Sumy e Kharkiv sotto controllo russo. Al momento, come riporta il Financial Times, Mosca ha occupato circa il 70% del Donetsk e controlla circa un quinto del territorio ucraino.
Oltre alle questioni territoriali c'è un altro punto che sta molto a cuore a Putin: evitare l'adesione alla Nato di altre nazioni che facevano parte dell'area di influenza sovietica. In cambio di questa rassicurazione formale la Russia si impegnerebbe a non attaccare ulteriori territori ucraini né altri Paesi aprendo alla possibilità di "garanzie di sicurezza" sullo stile dell'Articolo 5 della Nato fornite dagli Stati Uniti e dalle nazioni europee. Inoltre chiede il riconoscimento della Crimea come territorio russo pur essendo sotto il controllo di Mosca dal 2014. Tra gli altri punti al centro delle volontà di Putin c'è la cancellazione delle sanzioni alla Russia imposte dagli Stati Uniti e dall'Ue.
Le ulteriori richieste sul tavolo delle trattative vanno lette interpretando la mentalità neo imperiale e il mix di aspirazioni zariste e sovietiche del leader del Cremlino a cominciare dal riconoscimento del russo, assieme all'ucraino, come lingua ufficiale dell'Ucraina. Inoltre la volontà di garantire la piena libertà di culto in territorio ucraino della Chiesa ortodossa russa finita più volte nel mirino di Kiev perché ritenuta luogo di propaganda e spionaggio.
La possibilità che si arrivi a una quadra sul nodo più spinoso, quello territoriale, è stata sottolineata dall'inviato degli Stati Uniti Steve Witkoff secondo cui "i russi hanno fatto alcune concessioni al tavolo riguardo a tutte e cinque queste regioni" e in particolare sul Donetsk.
Putin, che ieri ha discusso i risultati dell'incontro in Alaska con gli omologhi di Bielorussia e Kazakistan, Aleksandr Lukashenko e Kassym-Jomart Tokaev, è riuscito a convincere Trump della
possibilità di arrivare non a un cessate il fuoco temporaneo ma a una vera e propria pace. Un'opzione colta al volo dal suo omologo americano che vuole intestarsi il ruolo di colui che ha messo fine alla guerra in Ucraina.