Coronavirus

"Lavoro accorciato" con soldi alle aziende: il modello tedesco che seduce anche l'Italia

Si chiama Kurzarbeit. L'orario ridotto finanziato con fondi dell'Ue

"Lavoro accorciato" con soldi alle aziende: il modello tedesco che seduce anche l'Italia

Lo slogan, «lavorare meno, lavorare tutti», sembra riassumere il peggio degli anni '70. Ma si spera che in questi giorni il Ministro del lavoro Nunzia Catalfo e i suoi tecnici pensino più ad Angela Merkel che a Fausto Bertinotti. L'ipotesi di riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, allo studio tra le misure anti-Covid, dovrebbe ispirarsi infatti al modello tedesco del «Kurzarbeit» (lavoro abbreviato). E a finanziarlo sarà il fondo europeo Sure, 100 miliardi di euro messi a disposizione dall'Unione Europea per l'emergenza disoccupazione.

Nel Kurzarbeit tedesco, le cui origini risalgono addirittura alla Repubblica di Weimar, l'azienda riduce l'orario di lavoro dei dipendenti e riduce proporzionalmente gli stipendi. A farsi carico della differenza è lo Stato che, fino all'attuale crisi versava al lavoratore il 60 per cento della parte venuta a mancare e che oggi, dopo i provvedimenti anti-Covid, arriva fino al 77 per cento.

Il modello bertinottiano e quello adottato in Germania differiscono soprattutto per il carattere temporaneo della misura. Il Kurzarbeit serve per affrontare crisi momentanee della vita aziendale: in un primo tempo durava solo sei mesi, dal 2016 è stato prolungato a 12 e dopo il virus è stato allungato ancora, fino a un massimo di 21. Non c'è nessuna riduzione duratura dell'orario: sui conti delle aziende, dunque, non cadono oneri impropri e strutturali.

Il «lavoro abbreviato», che consente tra l'altro una turnazione flessibile, viene considerato più adatto della cassa integrazione «classica» per affrontare problemi di sicurezza come il distanziamento tra i lavoratori. Anche il costo, secondo molti esperti, è inferiore (così come è inferiore la durata che per la Cig può raggiungere i quattro anni). Il progetto allo studio prevede poi che nelle ore non lavorate siano avviati programmi di formazione.

Sul tema dell'orario è già intervenuto il cosiddetto «Cura Italia», primo decreto economico anti-Covid adottato alla metà di marzo. L'articolo 19 prevede che le aziende con almeno cinque dipendenti che sospendono o riducono l'impegno di lavoro per l'emergenza abbiano diritto a un «trattamento di integrazione salariale» a carico dello Stato per un massimo di nove settimane. Il provvedimento scade però alla fine di agosto e dunque lascia scoperto il periodo successivo.

Quanto al suo finanziamento la «nuova cassa integrazione» o lavoro abbreviato, che dir si voglia, può essere considerato un caso di scuola per l'utilizzo del cosiddetto fondo Sure, uno dei programmi lanciati dalla Ue per superare la crisi.

Bruxelles chiederà dei prestiti per raccogliere soldi da girare agli Stati (come detto si tratta in tutto di 100 miliardi) che dovranno usarli per finanziare «regimi di riduzione dell'orario di lavoro per i lavoratori dipendenti o misure analoghe per i lavoratori autonomi». Non si tratta di regali a fondo perduto, i soldi andranno restituiti. Ma il tasso di interesse sarà favorevole visto che si potrà approfittare del buon rating creditizio della Ue (molto migliore del nostro).

Quanto alla condizionalità l'Unione Europea si riserva un diritto solo: quello di verificare che i soldi siano spesi davvero per alleviare gli effetti della disoccupazione e non per altro.

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