Il leader Fiom e l'ex segretario Pd attaccano il premier. Ma è l'unica cosa su cui concordano

Landini dice che non è un partito, arriva a minacciare di cacciare chi pensa di farne uno, ma nessuno gli crede

Il leader Fiom e l'ex segretario Pd attaccano il premier. Ma è l'unica cosa su cui concordano

Maurizio Landini dice che non è un partito, arriva a minacciare di cacciare dalle riunioni preparatorie della sua «coalizione sociale» chi pensa di farne uno, ma nessuno gli crede. Anche perché la prima assise «a porte chiuse» che si è svolta ieri, con 150 associazioni e la Fiom a guidare le danze, fa assomigliare il nuovo movimento a tutto tranne che a un sindacato allargato. A partire dall'obiettivo che è molto politico e poco sociale: fare opposizione a Renzi.

Fine che sarebbe in parte condiviso dalla sinistra «doc» quella con le radici a Botteghe Oscure, che però con questo pezzo di sindacato non ha mai avuto rapporti facili e continua a non averne. La minoranza Pd, riunita a Bologna, ieri ha attaccato la Fiom, per bocca di Roberto Speranza. Affondi contro il premier sono arrivati solo da Pier Luigi Bersani. «Nell'ipotesi che la legge elettorale rimanga tale e quale, io non sono in condizione» di votarla. Il governo ha risposto con una finta apertura, fatta dal vicesegretario Pd Lorenzo Guerini: «Ci confronteremo nel merito nelle prossime settimane anche se» il testo della legge «va bene così». Bersani ha anche detto di non credere al partito Fiom, ma è uno dei pochi.

La lettera che il segretario della Fiom ha mandato agli invitati era intitolata «La politica non è proprietà privata». Hanno risposto all'appello associazioni della sinistra come l'Arci. I circoli ricreativi dell'ex Pci che dagli anni Novanta si sono spostati sempre più a sinistra. Poi esponenti di Libera, l'associazione antimafia di Don Ciotti, che non era presente. E che non aderirà alla coalizione. Pezzi dell'antiberlusconismo dello scorso decennio come Libertà e giustizia. Vecchi alleati dei metalmeccanici e qualche new entry.

Niente di nuovo per un sindacato che è sempre stato accusato di andare oltre il suo ruolo. Il dato nuovo è l'offensiva contro il governo di centrosinistra. «Siamo di fronte a una novità assoluta: non è mai successo prima che il governo cancellasse dei diritti senza un confronto con le associazioni sindacali, né con le persone interessate», ha attaccato Landini. In realtà la concertazione è stata mandata in soffitta da tempo. Ma il messaggio è tutto politico: «Non ci fermiamo, vogliamo unire tutto ciò che il governo sta dividendo, tutti quelli che hanno bisogno di vivere per lavorare».

Segnali recepiti da Palazzo Chigi, che però è rimasto in silenzio. Scintille, dall'altra assise della sinistra, quella di Area riformista, che non intende lasciare la scena a Landini. Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera ed esponente della sinistra interna anche se filorenziano, nella sua relazione introduttiva all'incontro di Bologna ha detto che non ci «può essere una sinistra antagonista che nasce dalle urla televisive di Landini, ma avere più sinistra nel Pd e più sinistra nella nostra azione di governo». Landini ha risposto piccato: «Ricordo che questo governo e in particolare il partito di maggioranza ha cancellato i diritti dei lavoratori. Questo è peggio delle urla».

Area riformista, quindi la sinistra doc, ha difeso il suo territorio. Ma si è anche fatta carico di rappresentare gli interessi della Cgil, che ieri sono rimasti un po' sotto traccia. La confederazione di Corso d'Italia rischia di essere danneggiata dalle iniziative di Landini e cerca di fermarlo. Il segretario generale della Fiom ha cercato in tutti i modi di disinnescare la tensione con Susanna Camusso («Questa iniziativa non solo non è di Landini, ma è della Fiom ed è pienamente dentro la discussione che la stessa Cgil sta facendo»). Ma è chiaro il suo obiettivo quando dice che «c'è bisogno di un rinnovamento del sindacato per evitarne la cancellazione». Un'Opa sulla segreteria di Corso d'Italia, come «piano b» nel caso in cui la formazione di uno Tsypras o un Podemos italiano non andasse a buon fine. Un classico Risiko da Cgil, insomma. Che gli altri sindacati conoscono bene e guardano un po' annoiati.

«Esperienze che hanno visto il sindacato sostituire platealmente in piazza l'opposizione politica ce ne sono già state nell'ultimo ventennio e non hanno portato bene né all'uno e nemmeno all'altra», ha sintetizzato il leader della Uil Rocco Palombella.

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