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Farsa Gregoretti

Il leader leghista accusa i democrat: "Quei vigliacchi non si sono nemmeno presentati. E diremo sì anche in Senato a febbraio"

Farsa Gregoretti

Vicenda lunare, finale marziano. Si è concluso nel modo più incredibile il teatrino intorno al «rinvio a giudizio» per Matteo Salvini. La giunta per le immunità del Senato ha votato per autorizzare il processo contro il leader della Lega sul caso di nave Gregoretti. La decisione finale spetta all'aula. E, ultimo colpo di scena, a presentare ai senatori la relazione che caldeggia l'autorizzazione a procedere contro Salvini, sarà la leghista Erika Stefani.

Breve riassunto per punti (surreali) della vicenda:

Un leader dell'opposizione, Matteo Salvini, è stato indagato quando era ministro per un suo atto politico, la procura ne ha chiesto il proscioglimento ma il giudice, al contrario, ha chiesto che venga processato.

La maggioranza che sostiene il nuovo governo ha chiaramente fatto capire di volerlo vedere alla sbarra. I più accaniti accusatori sono i 5 Stelle. Gli stessi che erano al governo con Salvini, condivisero la linea dei porti chiusi e salvarono il «capitano» da un precedente processo con la stessa accusa (sequestro di persona) applicata a un'altra nave della Guardia costiera carica di migranti (stavolta la Gregoretti, la volta precedente era la Diciotti).

Trattandosi di un presunto reato commesso da ministro, serve il via libera del Senato che richiede prima un parere a un organo tecnico, la giunta per le immunità. Con la stessa composizione che per la Diciotti aveva detto no al processo, stavolta si profilava un sì. Ma la maggioranza si è accorta di aver fissato la data del voto in giunta il 20 gennaio, proprio a ridosso della settimana decisiva del voto in Emilia Romagna, e ha deciso di prendere tempo per non dare a Salvini la possibilità di «fare il martire».

In giunta si è combattuta una battaglia a colpi di regolamento che la maggioranza, in sostanza ha perso: il rinvio del voto a dopo le elezioni regionali è stato negato. I giallorossi hanno allora deciso di ritirarsi sull'Aventino e non partecipare alla seduta decisiva della giunta.

Salvini ha sparigliato chiedendo ai suoi parlamentari di votare per l'autorizzazione a procedere che, altrimenti, sarebbe stata negata grazie all'assenza dei senatori di maggioranza.

Atto finale: da regolamento, il 17 febbraio si voterà in aula (se lo chiederanno 20 senatori, sennò varrà la linea della giunta). A presentare la relazione di «accusa» sarà una delle parlamentari che ha votato in giunta per processare Salvini, quindi una leghista: Erika Stefani. Per di più, ex ministro (delle Autonomie) nello stesso governo che ha deciso i porti chiusi. Dunque l'accusatrice è una «complice» di Salvini.

Il quadro dei fatti è questo. Confinata sullo sfondo la questione di merito, ieri nuovo scontro sulle procedure. A partire dalla capogruppo M5s Elvira Evangelista in giunta che accusa Maurizio Gasparri di non essere stato imparziale e per questo «sarebbe stato inutile partecipare alla seduta di oggi». Stessi toni per il capogruppo del Pd in Senato Andrea Marcucci, cui Gasparri replica in modo netto: «Mi accusa di aver negato il materiale necessario per deliberare: è falso, ne risponderà». Il senatore azzurro ha anche sporto denuncia per le minacce subite on line dopo gli attacchi dei giallorossi.

Al di là dei tatticismi, l'intento della maggioranza di far processare Salvini era evidente. E il «capitano» ora attacca. In un incontro con i pescatori delle Valli di Comacchio, a chi lo invitava a non mollare, il capo del Carroccio ha replicato ironico: «Ma sei matta! Per fermarmi mi devono arrestare, vabbé che non manca molto ma, in caso, da dentro, scriverò le Mie prigioni come Silvio Pellico». La prende con meno spirito la capogruppo azzurra in Senato Anna Maria Bernini: «Ingiustizia è fatta». E anche Giorgia Meloni, dopo che il senatore di Fdi ha votato per evitare il processo, attacca: «La sinistra vuole processare Salvini ma non se ne vuole assumere la responsabilità. Sanno che è una cosa indegna».

Nei prossimi giorni la battaglia si giocherà sulla comunicazione: i giallorossi punteranno sul fatto che Salvini «si è mandato a giudizio da solo». Il «capitano» gli dà dei «vigliacchi» per non essersi presentati in giunta e annuncia che anche in Aula la Lega voterà a favore del processo: «I miei avvocati me lo sconsigliano, ma così chiudiamo la partita».

Resta l'ultima incognita: il voto in Emilia Romagna.

Una sconfitta del centrosinistra peserebbe sul governo ma anche sulla linea della maggioranza nel caso Gregoretti.

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