Roma - La sessione di bilancio è appena iniziata e il governo si trova già nella condizione di dovere «emendare» la manovra autunnale. La decontribuzione per i nuovi assunti, cardine della parte pro sviluppo della legge, è finita negli ultimi giorni nel tritarne delle critiche degli addetti al settore. Misura insufficiente, parziale per alcuni. Totalmente sbagliata per altri. Persino Confindustria, uno dei grandi sponsor della decontribuzione, ha criticato alla radice il taglio dei contributi del 50% per due anni.
Per questo il governo sta correndo ai ripari per correggere almeno alcuni dei problemi del piano, che ha preso forma questa estate. Il nodo del limite di età. Quello imposto dall'Unione europea è di 29 anni, mentre il governo sperava di arrivare a 35. Limite molto più aderente alla realtà sociale e formativa dell'Italia. Dopo avere ceduto a Bruxelles, negli ultimi giorni si sta studiando come riportare il limite almeno sopra i 30 anni.
Ma c'è anche l'altro nodo che sta emergendo in modo netto (si veda il Giornale di domenica), quello del conflitto generazionale che comporta la decontribuzione.
Così com'è il piano del governo, rischia di incentivare il licenziamento di dipendenti senior, rafforzando una tendenza naturale del mercato del lavoro ad assumere i giovani, che sono meno costosi. Nei giorni scorsi è emersa la volontà del Pd di rafforzare le misure per rendere più flessibile l'uscita delle pensioni. Un modo per rendere più digeribile una legge di Bilancio con misure di spesa concentrate solo sui giovani e non penalizzare lavoratori senior. Repubblica ha riferito di un interesse diretto di Matteo Renzi, ma ieri il Pd ha smentito: «Non vi è alcuna tensione tra l'esecutivo e il partito di maggioranza, meno che mai in questa fase di fine legislatura». Piena «identità di vedute» soprattuto sulla Legge di Bilancio.
Ma un problema c'è ed è di merito, segnalato ieri da Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato. «La legge di Bilancio deve garantire alle generazioni adulte una transizione graduale alla nuova età di pensione e a quelle più giovani modalità di accesso alle conoscenze e competenze funzionali alla occupabilità». Impossibile avere dal 2019 l'età pensionabile a 67 anni e misure per l'occupazione concentrate sui giovani.
La soluzione dovrebbe essere quella di reintrodurre più gradualità nel meccanismo che adegua le aspettative di vita al pensionamento. Il governo, a partire dal viceministro all'Economia Enrico Morando, è contrario. Possibile semmai rafforzare l'Ape, l'antcipo pensionistico già in vigore in via sperimentale.
Ma si stanno studiando anche altre soluzioni, come una riforma molto tecnica che possa consentire ai nati dopo il 1980 di decidere di pensionarsi tre anni prima del previsto (quindi a 63 anni), senza le soglia
sull'importo dell'assegno attualmente in vigore (2,8 volte il minimo). Ma anche in questo caso si tratterebbe di una misura a favore di giovani. E il problema politico del conflitto generazionale, resterebbe senza soluzioni.
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