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L'emorragia del M5s: alla Camera e al Senato è fuga di parlamentari

Il Movimento 5 Stelle è alle prese con una pericolosa emorragia politica. Alcuni senatori e deputati grillini sono pronti a prendere altre strade

L'emorragia del M5s: alla Camera e al Senato è fuga di parlamentari

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Il Movimento 5 Stelle è alle prese con una doppia emorragia politica che rischia di prosciugare completamente un partito sempre più nell'occhio del ciclone.

L'elettorato grillino è variegato e comprende un pubblico molto vasto. E questa è senza ombra di dubbio un'opportunità non da poco, visto che il messaggio camaleontico di Di Maio e soci è in grado di fare breccia un po' ovunque. Tuttavia, quando tira vento di burrasca, c'è il rischio che il citato vantaggio possa trasformarsi in una spada di Damocle. Già, perché questi elettori, una volta traditi dal partito al quale hanno dato fiducia, non ci pensano due volte a rivolgere i loro voti altrove.

In effetti è quello che sta succedendo proprio adesso al Movimento 5 Stelle che, come sottolinea Il Messaggero, deve però fare i conti anche con un'altra emorragia, assai più complicata di quella elettorale. Molti esponenti pentastellati, infatti, stanno letteralmente fuggendo dal partito, in parte per raggiungere la Lega di Matteo Salvini e in parte per confluire nella sinistra.

Alla Camera l'M5s perderà 15 teste. Sono quelle che appartengono ai dissidenti grillini stanchi di seguire Di Maio ma, allo stesso tempo, desiderosi di continuare a sostenere il governo. Uno dei promotori della mini-scissione ha però voluto mettere in chiaro la situazione: “Decideremo noi la linea. Non ce la faremo più dettare dai vertici”. A gennaio altri deputati grillini volteranno le spalle a Beppe Grillo, con l'obiettivo non tanto di formare un gruppo autonomo ma di dare vita a una nuova forza politica. Discorso simile anche al Senato, dove tuttavia il numero degli scontenti dovrebbe essere minore.

Il mal di pancia dei grillini

In ogni caso, chi deciderà di uscire dal Movimento 5 Stelle sosterrà l'attuale governo ma non necessariamente considererà Giuseppe Conte un possibile leader futuro. Ieri Di Maio ha provato a serrare i ranghi rilanciando l'agenda del partito per sottoporla al presidente del Consiglio, ma la situazione resta tesa.

Alla Camera c'è chi vuole recidere del tutto ogni legame con il partito e chi vorrebbe cambiarlo "da dentro" senza battere i pugni sul tavolo (la lista degli scontenti è vasta: si va da Trizzino a Fioramonti). Al Senato, invece, troviamo tre esponenti (tra cui Giarrusso) che potrebbero essere cacciati per aver firmato il referendum sul taglio del numero dei parlamentari oltre ad altri scontenti vari, come Paragone e Dessì.

Insomma, Di Maio è sotto accusa per aver sacrificato l'anima originaria del Movimento 5 Stelle – la famosa "terza via" - e aver spostato il baricentro del partito troppo a sinistra. La sensazione che hanno avuto alcuni pentastellati è che il leader grillino abbia abbracciato il fronte progessista per mero interesse. Solo per non perdere la poltrona.

E questo, a molti, non è andato a genio.

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