Lettera a un codardo in carrozza

Lettera a un codardo in carrozza

Quando si pensa a un uomo in carrozza, la mente corre involontariamente a qualcosa di ben più fiabesco. Invece su questa carrozza, deserta e incastonata in mezzo al treno Milano-Bergamo, ci sono solo un mostro, una vittima e lei, signor codardo. La ventunenne stuprata per dieci interminabili minuti a bordo del convoglio, ha raccontato che poco prima di essere braccata e immobilizzata dal suo aggressore, ha fatto in tempo a vedere un altro passeggero che, rendendosi conto di ciò che stava per accadere, se n'è andato. Quel passeggero era lei e pare si sia allontanato senza neppure correre a chiamare qualcuno che intervenisse al posto suo. È uscito dal vagone con una chiara sensazione addosso e l'ha semplicemente relegata in quella tasca nera della mente dove muoiono tutte le cose. Fine. Non ci ha pensato più. O in ogni caso non ha fatto nulla. Ora, è impossibile sapere cosa aspettarsi da se stessi difronte al pericolo. Possiamo sperare nel fatto che in certe circostanze ci trasformeremmo in impavidi angeli vendicatori o possiamo temere che ci accartocceremmo sotto la più penosa vigliaccaggine, ma rischieremmo di essere smentiti in entrambi i casi. Il pericolo è un tempo sospeso, che ha un'altra luce e un altro odore. Impossibile sapere chi ci abita davvero fino a quando non ci si trova a tu per tu con l'adrenalina pura. Per questo non sentiamo di poterle dire che dentro a quel vagone ci saremmo comportati in maniera diametralmente opposta rispetto a lei. Bisogna evitare di plasmare certezze là dove non ce ne sono. Ma con ragionevole prevedibilità possiamo dirle che saremmo stati altro da lei una volta fuori da quel vagone. Le «perdoniamo» l'assenza di eroismo, non quello di senno. Ha avuto il coraggio di essere vigliacco, ma non avrebbe dovuto portare quel coraggio fino alle estreme conseguenze. Almeno una volta al riparo, avrebbe dovuto mettere al riparo la ragazza che ha irrimediabilmente consegnato al ruolo di vittima.

Forse se n'è andato con la speranza di aver capito male, con la voglia di autoconvincersi che dietro alla porta che si è chiuso alle spalle non sarebbe successo nulla di brutto. Ma ora che la cronaca le ha tolto l'alibi dell'equivoco, ci auguriamo che la punizione per la sua viltà le arrivi ogni giorno.

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