Sisma in Nepal

L'Everest grida aiuto: «O mangeremo i morti»

I villaggi restano isolati e sono allo stremo. È allarme cannibalismo

L'Everest grida aiuto: «O mangeremo i morti»

Sono come quelli che stanno sospesi tra terra e cielo, e non potrebbe essere altrimenti per chi conduce un'esistenza a 4mila metri di quota. A togliere il respiro non è però la rarefazione dell'aria, quanto l'angoscioso grido d'aiuto. «Finiremo per mangiare i nostri defunti di questo passo, e se non dovesse bastare inizieremo a ucciderci tra di noi». L'orrore di uno scenario da cannibalismo è racchiuso nelle parole di Jamal Ahmadi, sindaco di Trishouli, poco più di 5mila anime aggrappate sull'Everest e dimenticate dai soccorritori. Dall'infausta giornata di sabato nessuno infatti è riuscito ad arrampicarsi fin lassù, dove manca davvero qualsiasi cosa, soprattutto generi alimentari. Ci vorrebbero alpinisti e sherpa di provata esperienza e persino un po' temerari, ma il terremoto ha reso inaccessibili le già poco praticabili vie d'accesso. «Vediamo gli elicotteri solcare il cielo, abbiamo cercato di segnalare la nostra posizione, ma invano». Trishouli, tre ore di cammino a ovest di Kathmandu, è isolata dal Nepal e dal pianeta dei soccorritori. L'unico appiglio con la realtà ha le fattezze di una batteria d'auto che con un pizzico d'ingegno ha fornito corrente a un telefono cellulare aprendo una finestra sul mondo. Il messaggio è stato recapitato mercoledì alla redazione di radio Pokhara Fm , emittente del distretto di Kaski, a 95 km dalla località isolata. «Abbiamo cercato di sapere qualcosa in più - racconta Amrit Pulami, lo speaker che ha risposto all'appello - ma a un certo punto la conversazione si è interrotta. Siamo riusciti a segnalare l'emergenza ai soccorritori. Purtroppo le pessime condizioni atmosferiche non consentono agli elicotteri non solo di atterrare, ma addirittura di avvicinarsi alla piccola località che è incastrata tra le montagne». Sulla vicenda si è espresso il responsabili del Centro emergenza disastri del ministero dell'Interno, Rameshwor Dandal. «Stiamo facendo miracoli. Le squadre di soccorso hanno dovuto lavorare sotto la pioggia battente e gli elicotteri stanno faticando a volare verso le località più remote come Trishouli. Cercheremo di non lasciare nessuno per strada».

In attesa di evitare una tragedia nella tragedia, il ministero dell'Interno ha aggiornato ieri pomeriggio il bilancio delle vittime: i morti sono ora 6.631, mentre i feriti 10.866. La terra non sembra però avere alcuna intenzione di placarsi. Ieri all'alba una nuova scossa, la 102esima superiore a magnitudo 4.0 dall'inizio del sisma, ha colpito la periferia di Kathmandu senza provocare fortunatamente nuovi danni o vittime. Il bilancio finale potrebbe attestarsi intorno alle 9mila vittime, con danni agli edifici per circa 3.5 miliardi di dollari. I numeri arrivano dal portale «earthquake-report», il più autorevole database sui terremoti al mondo. A Kathmandu in migliaia hanno trascorso la sesta notte in rifugi di fortuna, con il timore, come rivelato dalla Croce Rossa Internazionale, dell'incubo epidemie per via della mancanza di acqua potabile. Nonostante la speranza di trovare sopravvissuti sia sempre più incerta, ieri sono stati estratti in vita dalle macerie un 15enne da un edificio a Kathmandu, una 32enne cuoca da un ristorante della capitale e una ragazzina di 11 anni a Bhaktapur.

Nel frattempo la Farnesina ha reso noto che sono stati rintracciati altri sette italiani e quindi ora il numero degli irreperibili è sceso a tre.

Ieri a Malpensa è atterrato un aereo con a bordo 29 connazionali scampati all'inferno nepalese.

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