Coronavirus

"Da liberale dico che le chiese vanno aperte"

Il direttore dell'Istituto Bruno Leoni: "Regole da rispettare, ma siamo già oltre i limiti"

"Da liberale dico che le chiese vanno aperte"

Pasqua. Chiese chiuse, addio cerimonie e tolleranza zero. Per i cristiani, il 2020 è un anno di doppia sofferenza, da un lato i lutti e i malati di Covid-19, dall'altro l'impossibilità di entrare in chiesa. E l'Istituto Bruno Leoni, think tank liberale, ha lanciato un appello al governo affinché usi il buon senso. «L'idea scaturisce dai casi citati nell'appello, con le multe a due sacerdoti e a un musulmano spiega Alberto Mingardi, direttore generale dell'IBL -. Le misure fatte nell'emergenza a volte non tengono conto di elementi importanti. Come il divieto di spostarsi al di fuori del proprio comune: ci si è accorti dopo che in certi piccoli comuni non c'era il supermercato. Ci vuole un po' di flessibilità. Come nei casi di chi vuole esercitare la sua libertà religiosa senza fare male a nessuno. Un sacerdote in processione solitaria nelle strade del suo paese che rischi di contagio può portare?»

Le autorità sono troppo rigide e a volte non applicano il buon senso?

«Dipende da chi fa rispettare le misure. Magari temono che essere un po' permissivi incoraggi altri a non rispettare le norme. Di qui l'appello per fornire qualche linea guida per quelle manifestazioni che non comportino rischi, almeno in tema di libertà religiosa, che è la mamma di tutte le libertà».

Quindi andare in chiesa con le precauzioni, mascherine e distanza, come al supermercato.

«Nessuno vuole riempire le chiese a Pasqua. Ma se un prete fa la messa in streaming e lascia la porta della chiesa mezza aperta io non gli farei la multa. Nessuno vuole trasformare le chiese in focolai di contagio. Ma ci vuole un minimo di criterio nell'applicazione della legge. Anche per il poveretto che deve comprare la carne halal: non puoi multarlo perché non la trova nel supermercato sotto casa».

Crede che, se alla privazione della libertà «fisica» si aggiunga anche quella religiosa o della propria identità, possa generare malcontento?

«Non lo so. Ma in tutti i casi di eventi simili negli ultimi duemila anni la componente religiosa è stata un forte sostegno. Siamo in situazioni in cui si mette sotto stress la psiche non solo il corpo. Chiusi in casa, senza vedere i propri cari che vivono altrove, né poter dare l'addio a un famigliare malato o partecipare ai suoi funerali. C'è una grande ansia, soprattutto verso il futuro. La religione, tradizionalmente, è stata sempre un ancoraggio. Per le persone che credono è un elemento fondamentale della loro dignità. Anche i laici devono saperlo».

Fino a dove può spingersi un governo democratico nel limitare le libertà?

«Non abbiamo mai visto una simile compressione delle libertà in tempo di pace. Certo, dobbiamo fare di tutto affinché non vada in tilt la nostro sistema sanitario, ma quando si tocca anche la libertà religiosa si rischia di perdere il senso del limite. Con la paura, comprensibilissima, si tende a dimenticare le libertà che hanno a che fare con dimensioni importantissime dell'esperienza umana.

Bisogna cercare di mitigare gli effetti nocivi di queste misure, seppure necessarie».

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