Coronavirus

La libertà di sport fa una vittima in Veneto: giovane scialpinista ucciso da una valanga

Bellunese ventitreenne travolto da una "colata di neve" davanti al fratello

La libertà di sport fa una vittima in Veneto: giovane scialpinista ucciso da una valanga

Treviso Il nostro governo centrale ha deciso di blindare in casa gli italiani per due mesi, costringendoli a desiderare al massimo una connessione affidabile e un canto dal balcone. Ora però la gente non vede l'ora di uscire di casa e con queste giornate è difficile resistere.

Qualcosa di sbagliato? No. Va bene lo sport, la voglia di montagna, la voglia di stare all'aria aperta - di questi tempi meglio che al chiuso - va bene la bella giornata di sole, ma fa un certo effetto il fatto che ieri a Cortina ci fossero gli sciatori. Accade. Accade anche ai più «responsabili», come li hanno chiamati, quando costringi la gente segregata in casa per quasi sessanta giorni, senza avere un progetto chiaro, un'idea condivisa, un coordinamento, ma andando semplicemente allo sbando. Ieri quella che poteva essere una giornata spensierata dopo mesi di clausura è diventata una tragedia. C'è scappato il morto. E gli sciatori, riportano le agenzie, «non stavano trasgredendo i divieti legati al coronavirus». Una valanga sulla Tofana di Rozes, non distante dal rifugio Giussani, a 2561 metri, si è staccata, intorno alle 9.30, travolgendo un ragazzo bellunese di 23 anni, Tommaso Redolfi, rimasto ucciso sotto gli occhi del fratello Francesco che ha dato l'allarme. Tommaso è stato trascinato per duecento metri, il fratello che era con lui, si è salvato.

Stando alle prime ricostruzioni, proprio l'innalzarsi delle temperature avrebbe creato quelle che in gergo vengono chiamate «colate di neve da irraggiamento» sui pendii in forte pendenza. Una di queste può raggiungere i 500 chili al metro cubo. I due fratelli avevano preso un canale che porta dietro Punta Marietta. A metà discesa, però, la valanga si è staccata, il corpo del giovane è stato trovato a 2550 metri e recuperato dal Corpo nazionale soccorso alpino speleologico, dal soccorso alpino della Guardia di finanza e dall'elicottero di Trentino Emegenza. Per Tommaso però non c'era più nulla da fare. Secondo alcuni testimoni nella zona vicina a dove è avvenuta la valanga almeno un centinaio di persone stava facendo attività sciistica lungo il vallone della Tofana, tutti accorsi fino al Rifugio Angelo Di Bona. E in tarda mattinata una seconda valanga si è staccata sul versante trentino del ghiacciaio della Marmolada, a quota 3300 metri, verso Punta Penia. Due alpinisti sarebbero rimasti coinvolti senza conseguenze. «Si alzano le temperature ha detto l'assessore regionale alla Protezione civile Gianpaolo Bottacin che da due mesi vive l'emergenza a stretto contatto con Zaia - il rischio di scariche di neve e roccia è sempre possibile». Ma in montagna si può sciare? «Gli impianti sono chiusi spiega Bottacin al Giornale ma l'attività motoria individuale è ammessa e queste persone stavano facendo scialpinismo. Dopo due mesi blindati in casa è normale. In città si va a correre e in montagna si va a sciare.

E il deceduto era bellunese».

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