Cosa mette in valigia un ex comunista padano per andare alla Casa Bianca? Di sicuro qualche felpa della polizia, si potrà ironizzare. Ma, grazie a una foto che ritrae Matteo Salvini in aeroporto, sappiamo anche cosa avrà letto durante il volo: ha in mano un libro uscito da poco, La visione di Trump obiettivi e strategie della Nuova America. La prima visita americana da vicepremier fa notizia e sarà stata preparata da intensi scambi diplomatici. Ma siccome la politica è fatta da uomini, sapere cosa leggono è un interessante insight sulle intenzioni del viaggio.
Autore del saggio è Germano Dottori, politologo che insegna studi strategici all'Università Luiss di Roma. Un atlantista senza se e senza ma. E un cultore di Trump della prima ora. Soprattutto, uno dei pochi osservatori italiani che non sia lasciato distrarre da vezzi ed eccessi di The Donald. L'assunto fondamentale è che Trump non sia una meteora impazzita atterrata a portata di pulsante fine-di-mondo grazie a 400 account Twitter falsi manovrati da Mosca. Il presidente, spiega Dottori, non è un incidente della storia. È il prodotto di un processo iniziato già con Barack Obama. «Dal lato della continuità - recita il saggio - figura certamente la transizione dal controllo di prossimità a quello da remoto degli affari mondiali, già implicita nel leading from behind, la guida dal sedile posteriore adottata da Obama e soltanto resa più trasparente da Trump, che pare averne abbracciato una declinazione più radicale».
Trump però, ha anche operato una rottura con Obama e i suoi predecessori. Per Dottori, il tycoon incarna il riaffiorare di una filosofia politica che risale a Andrew Jackson. È la fine dell'America come poliziotto globale ed esportatore, a forza, di democrazia. L'idealismo sostituito da una visione nazionalista e soprattutto realista: «Sul versante della rottura, invece, oltre a innumerevoli aspetti di politica interna (...) primeggia il capovolgimento delle visioni globali concernenti le relazioni intrattenute dagli Stati Uniti con la Cina, la Russia, la galassia dell'Islam Politico e il commercio internazionale».
Per l'attuale amministrazione Usa i rivali politici sono soprattutto Pechino e Berlino. Primo obiettivo: evitare la saldatura di un asse asiatico che possa prevaricare gli interessi americani. Tesi che trova eco anche nella visione più recente di Silvio Berlusconi. Berlino rappresenta invece la potenza egemone di un potenziale nuovo polo economico-politico europeo. «A dispetto delle apparenze, - scrive Dottori - può esser considerata un elemento di discontinuità anche la maggior avversione di Trump per il caos, che invece non spaventava né il predecessore, né parte dell'entourage che lo assisteva (...). Non lo è invece, sotto molti profili, la politica nei confronti dell'Europa, di cui rispetto ai tempi di Obama sono mutati accenti e narrazione, ma non il carattere fondamentalmente antagonista». Di sicuro, Trump lotta contro la saldatura tra gli interessi di Europa e Cina. Uno scenario che, nella visione dell'autore, può rappresentare un'opportunità per l'Italia, sempre che il governo sminuisca il valore politico della Via della Seta. Con il Regno Unito escluso causa Brexit, l'Italia può essere l'alleato principale del trumpismo nell'Ue e trovare in Washington l'unico possibile alleato con le spalle economicamente abbastanza solide da riparare l'Italia dalla tempesta finanziaria che l'aspetta, mentre a Bruxelles c'è chi spinge per chiudere l'ombrello. Visto il tempismo del viaggio, non è un azzardo dire che Salvini avrà letto questa parte con attenzione.
Alla luce anche di una frase della post fazione («È mia opinione che l'Italia dovrebbe sfruttare le più accentuate sintonie esistenti in questo momento tra Roma e Washington. Non ci sono alternative valide percorribili. Non ne offre l'Europa») e di chi la firma: Giancarlo Giorgetti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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