L'indipendentista veneto tutor della sindaca di Roma

L'assessore alle Partecipate Colomban in pole come vicesindaco: controllerà la Capitale e Virginia

L'indipendentista veneto tutor della sindaca di Roma

Roma - È il nome in pole position per affiancare Virginia Raggi come vicesindaco, il possibile commissario scelto per la sopravvivenza della giunta romana. Il trevigiano Massimo Colomban, attuale assessore alle Partecipate del Comune di Roma, potrebbe presto diventare il nuovo uomo forte del governo della Capitale. Strana parabola per un convinto federalista con qualche simpatia indipendentista, in ottimi rapporti con la Lega (si candidò nel 2010, senza essere eletto, nella lista Alleanza di Centro, in sostegno alla candidatura di Luca Zaia come presidente della regione).

La scelta di Colomban, se confermata, lascia prefigurare il più classico caso di atterraggio di un marziano nella Capitale (citazione poco bene augurante visto che l'ultimo che se ne appropriò fu Ignazio Marino). Colomban è un self made man di riconosciute qualità imprenditoriali, veneto come l'ex assessore all'Ambiente Paola Muraro, originaria di Rovigo (dimessasi dopo un avviso di garanzia). Grande lavoratore, è stato il fondatore, a soli 23 anni, del gruppo Permasteelisa, di cui è stato presidente dal 1973 al 2002. Partendo da sei persone, ha portato l'azienda, in meno di 20 anni, a divenire il primo gruppo al mondo negli involucri delle architetture monumentali. In seguito Colomban acquista e restaura CastelBrando, un castello di 20mila mq, 260 stanze, 9 livelli con 2.000 anni di storia stratificata e recuperata, che oggi offre un Hotel 4 stelle con 120 posti letto. Una struttura che concede nel 2009 a Zaia, allora ministro dell'Agricoltura, per il G8 dell'Agricoltura. In questa seconda fase della sua vita inizia a coltivare i rapporti con la politica, crea un think-tank di piccoli e medi imprenditori, la Confapri, investe in start-up e diventa il primo imprenditore del Nord Est a riconoscere la novità grillina oltre che il primo a ospitare Gianroberto Casaleggio in Veneto. Il suo pensiero non può certo dirsi coincidente con le parole d'ordine grilline. É favorevole alla Tav e alle grandi opere, sostenitore del Mose a Venezia, della Pedemontana e dell'autostrada Orte-Mestre, oltre ad avere posizioni molto realiste sull'immigrazione.

Stuzzicato dalla Zanzara ammise di «sognare uno Stato Federale tipo Svizzera», di «non sapere quante sono le metro a Roma» e «di non conoscere il bus 64», linea nota tristemente per i borseggi. Il consigliere capitolino Fabrizio Ghera lo ricorda stizzito in una sua recente apparizione in consiglio comunale. «Dava l'impressione di viverla come una perdita di tempo. È paradossale che i 5 Stelle vogliano milanesizzare la Capitale scegliendo un uomo scelto dalla Casaleggio e Associati, ribaltando il voto popolare». La sua notorietà, però, è soprattutto dovuta a Fiorello che in «Edicola Fiore» si è appropriato del suo personaggio al grido di «fora i romani da Roma».

L'alter-ego comico di Colomban propone di chiamare il Tevere «Gran Canal» e di ribattezzare i Colli Palatin, Esquilin ed Aventin. Inutile dire quali siano i suoi luoghi preferiti della Capitale: «Cosa le piace di Roma?» «Piazza Venezia e Via Veneto».

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