L'Isis rivendica l'agguato: "Abbiamo colpito i crociati"

L'obiettivo della missione dei soldati era una fabbrica di Ied. I feriti restano gravi, ma non in pericolo di vita

L'Isis rivendica l'agguato: "Abbiamo colpito i crociati"

L'obiettivo della missione dei corpi speciali curdi appoggiati da almeno due squadre delle unità d'élite italiane era una fabbrica artigianale di ordigni esplosivi dello Stato islamico, i famigerati Ied. Una di queste trappole ha ferito, durante la fase di esfiltrazione a missione compiuta, i cinque militari italiani dei corpi speciali.

L'Isis ha rivendicato ieri l'attentato contro le nostre truppe nel Nord Est dell'Irak parlando di un attacco con un ordigno improvvisato (Ied) contro «forze crociate della coalizione». Probabilmente si tratta di una rivendicazione di opportunità provocata dal clamore della notizia. «Con l'aiuto di Allah i soldati del Califfato hanno colpito con un ordigno un veicolo 4X4 con a bordo esponenti della coalizione internazionale ed esponenti dell'antiterrorismo Peshmerga nella zona di Kifri, causando la sua distruzione e ferendo quattro crociati e quattro apostati» sostiene l'agenzia di propaganda Amaq dello Stato islamico. Il testo è stato intercettato da Site, sito americano che monitorizza i canali jihadisti.

La fabbrica artigianale di trappole esplosive dell'Isis è stata individuata durante la notte, prima dell'alba e neutralizzata. I curdi hanno agito assieme agli italiani non certo in una missione di addestramento, ma in un'operazione militare in zona di guerra seppure asimmetrica e a bassa intensità.

L'esplosione che ha coinvolto qualche ora dopo, verso le dieci del mattino, i nostri corpi speciali e due Peshmerga curdi è avvenuta durante la fase di ripiegamento a missione conclusa. E non è detto che la trappola minata fosse recente e diretta proprio contro i «crociati» italiani come sostiene l'Isis. Dai primi accertamenti si tratta di un piatto a pressione, che solitamente esplode al passaggio di un mezzo. A saltare in aria sarebbe stato un veicolo curdo. Ufficialmente i militari italiani feriti erano appiedati, ma la tipologia di lesioni con gambe e piedi amputati e lesioni nelle zone inferiori fa pensare che fossero a bordo del mezzo forse non blindato, come sostiene l'Isis. Non solo: i corpi speciali della Task force 44, che operano nel Nord dell'Irak, non utilizzano i blindati Lince molto visibili. Di solito preferiscono veicoli o fuoristrada civili poco protetti per non dare nell'occhio. E talvolta operano pure in borghese per non farsi individuare.

Dopo l'esplosione una seconda squadra dei corpi speciali italiani rimasta illesa ha prestato i primi soccorsi e sopratutto attivato subito, seguendo procedure collaudate, il Medevac garantito da elicotteri Black Hawk americani. L'evacuazione medica dei feriti gravi è avvenuto rispettando la regola della «golden hour», un'ora per arrivare a un punto di intervento attrezzato e stabilizzare il ferito.

Le condizioni delle vittime dell'esplosione sono critiche, ma non sono in pericolo di vita. Il contrammiraglio Fabio Agostini, capo del dipartimento pubblica informazione dello Stato maggiore della Difesa, conferma che «un militare dell'Esercito (9° reggimento d'assalto paracadutisti Col Moschin, nda) ha subito l'amputazione della gamba sopra il ginocchio» e un incursore della Marina del Goi ha perso parte di un piede. «Si teme per un terzo militare con fratture molto importanti agli arti inferiori - spiega l'ufficiale e - un quarto ha delle lesioni interne, con emorragie». Ieri ha subito un ulteriore intervento nel Role 3, l'ospedale da campo americano a Baghdad. Per tutti è attesa l'evacuazione quando le condizioni lo permetteranno verso la base Usa di Ramstein in Germania dove sono super attrezzati per gravi traumi da esplosione o all'ospedale militare il Celio di Roma.

La procura di Roma ha aperto un inutile fascicolo, come deve fare di default ogni volta che vengono colpiti dei soldati italiani. Quasi mai vengono rintracciati i responsabili in una situazione di guerra.

Ieri si è riunito il Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal Capo dello Stato, per affrontare la crisi dopo il primo tributo di feriti così grave della missione in Irak di lotta all'Isis partita nel 2015.

Il comunicato finale «conferma che il terrorismo transnazionale resta la principale minaccia per l'Italia e per tutta la comunità internazionale. È necessario continuare a garantire la nostra presenza nelle principali aree di instabilità».

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