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L'Italia ripudia la guerra. Ma l'esercito conserva la pace

L'Italia ripudia la guerra. Ma l'esercito conserva la pace

I farisei sono sempre in agguato. E padre Alex Zanotelli, che per nostra fortuna non è Gesù Cristo, ma solo un militante pacifista travestito da missionario, c'è caduto mani e piedi. Dimentico di «dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è Dio» - come insegna Gesù a chi gli chiede se gli ebrei devono pagare le tasse ai romani - Zanotelli spara a zero contro i generali colpevoli di contestare la ministra Elisabetta Trenta e le sue parata «inclusive». Per lui «il 2 giugno non è la festa delle Forze armate, ma della Repubblica... le Forze armate devono ascoltare la Costituzione che dice che l'Italia ripudia la guerra». Non sappiamo quando Zanotelli abbia sfogliato la Costituzione per l'ultima volta, ma varrebbe la pena che ci rimettesse mano. L'articolo 11 ripudia la guerra come «strumento di offesa alla libertà degli altri popoli» e «come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», ma non la esclude se è in ballo la difesa della patria, dei cittadini e dell'ordinamento democratico e della stessa pace tanto cara a Zanotelli. Non a caso i padri costituenti esclusero l'emendamento proposto da Giuseppe Dossetti «l'Italia rinuncia per sempre alla guerra» che avrebbe sancito una totale neutralità. Per contro non mancano i riferimenti alla guerra e alle Forze armate.

L'articolo 52 spiega che la «difesa della patria è sacro dovere del cittadino» mentre il 78 affida al Parlamento il compito di «deliberare lo stato di guerra e a conferire al governo i poteri necessari». E la parolina tanto sgradita a Zanotelli (nella foto) e compagni torna nell'articolo 87 attribuendo al presidente della Repubblica il compito di «dichiarare lo stato di guerra deliberato dalle Camere». Ma se la Costituzione contempla la guerra in difesa della patria, della pace - e persino dei valori umanitari, come sancì il governo di sinistra di Massimo D'Alema portandoci alla guerra con la Serbia - non può non contemplare una Forza armata a cui affidare la difesa della Repubblica e dei suoi principi.

Non a caso l'articolo 52 sancisce che «l'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica». Per la Costituzione i generali, tanto disprezzati da Zanotelli, non sono insomma la zavorra della Patria, ma i capi di un'istituzione chiamata a difendere - sotto la guida del presidente della Repubblica - lo spirito democratico dell'Italia e i suoi cittadini. Compresi Zanotelli e tutti gli svagati pacifisti e buonisti di questo Paese.

Un Paese nato da quella Grande guerra che cento anni fa spinse nelle trincee del Piave i contadini napoletani e i primi operai della pianura padana, i pastori sardi e gli irredentisti giuliani dando vita a una Forza armata per la prima volta veramente inclusiva. Una Forza armata che mettendo insieme le diverse anime della Patria ci condusse alla vittoria e realizzò quell'unificazione senza di cui non esisterebbe alcuna Repubblica.

Ecco perché la vera forza «inclusiva» di questa nazione non va inventata, né ricercata. Esiste da cento anni e non ha bisogno né della ministra Trenta, né dei pacifisti alla Zanotelli. Ha formato l'Italia e continua a esprimerne la fermezza, la dignità e il volto migliore, in tutte le missioni internazionali.
Per questo ha tutto il diritto di sfilare con le sue armi e con le sue divise, con i suoi feriti e con i suoi generali.

Senza dovere includere o aggiungere null'altro se non il ricordo dei propri caduti.

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