Coronavirus

Via l'obbligo, ma la mascherina resiste

Molti continuano a indossare le protezioni. I gestori dei locali da ballo: "Noi penalizzati"

Via l'obbligo, ma la mascherina resiste

Le abbiamo odiate, perse in fondo alle tasche e alle borse, comprate a pacchi, maledette in ogni modo. Ma ora che (in parte) non sono più obbligatorie, stentiamo a levarle. Al supermercato, ad esempio. Le mascherine sembrano fare ormai parte di noi, in un rito mattutino in cui controlliamo di averle addosso assieme a telefono e chiavi. Un rito che - ahimè - ci ha visto sborsare, in questi due anni, circa 400 euro a testa, per Ffp2, mascherine chirurgiche, cinesate varie e protezioni fashion.

Un po' per abitudine, un po' per cautela, ieri in molti le hanno ancora indossate sia per fare la spesa sia per entrare al bar. La maggior parte invece si è sentita finalmente libera di respirare e soprattutto di non dover mostrare il green pass. I più sollevati dalla fine dei controlli all'ingresso di certificati e qr code sono baristi e negozianti: «Finalmente risparmiamo tempo ed evitiamo le code di gente per entrare, è tutto più facile ora».

Non tutti sono contenti di come sia stato articolato lo stop delle mascherine: in testa discoteche, sale da ballo, cinema e teatri, dove l'obbligo rimarrà fino alla metà di giugno. «Portare le mascherine ancora per un oltre un mese, nei locali chiusi, per noi resta una limitazione, così come lo è ovviamente anche per i cinema e i teatri - insorge Antonio Flamini, vicepresidente nazionale del Silb, il sindacato che associa oltre duemila discoteche e sale da ballo - Per fortuna andiamo verso la stagione estiva e speriamo che non si debba tornare più indietro».

«Siamo molto amareggiati, le discoteche sono l'unica attività a mantenere le mascherine ed è complesso spiegarlo ai clienti mentre tutti gli altri esercizi le hanno rimosse. Per noi questa situazione è sicuramente un peso» commenta Alberto Baldaccini, socio dell'Hollywood, tra le discoteche più note di Milano.

Le aziende dovranno decidere il da farsi, ognuno secondo coscienza, le scuole sono vincolate fino alla fine dell'anno scolastico. Qualche giorno di confusione è da mettere in conto ma sembra che già, dopo il derby vax e no vax, si stia per aprire una nuova contrapposizione tra il partito di chi porta la mascherina comunque e chi invece non ne vuole più sapere (e già fino ad ora l'ha usata sì e no). Sui social già si percepisce aria di scontro e domani ci sarà la mobilitazione degli studenti di fronte al ministero della Pubblica Istruzione, fomentata da Gianluigi Paragone e appoggiata dal Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi, entrambi già ampiamente schierati contro i vaccini.

«Usiamo la filosofia del buon senso - intima il presidente del Veneto Luca Zaia - Non è vietato fare il bagno in mare ma a gennaio non ci si va. Non è obbligatorio, cioè, portare la mascherina, ma se ci si trova in un contesto di assembramento è saggio cercare di proteggersi. Vorrei non partisse la battaglia fra chi porta o meno la mascherina, non abbiamo bisogno di altri conflitti sociali».

Tra gli infettivologi c'è chi, come Alberto Mantovani, alla guida del laboratorio di microbiologia dell'Humanitas, sostiene che la mascherina per tutta l'estate debba essere come un paio di occhiali da sole: «Va usata quando serve, e cioè quando si percepisce l'assembramento».

Il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi di Milano, si schiera più nettamente: «Io continuerò a portarla nei luoghi critici».

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