La "lobby cinese" del Vaticano che tifa ancora per Conte

La diplomazia che ha lavorato all'accordo della Santa sede col Dragone considera l'ex premier "affidabile"

La "lobby cinese" del Vaticano che tifa ancora per Conte

Oltretevere si trova ancora qualche «sponsor» di Giuseppe Conte. Le bocche sono cucite: la Chiesa cattolica, con questo Papa, si è chiusa a riccio. Le opinioni hanno smesso di circolare all'esterno. Qualche spiffero però passa. Uno di questi racconta: «Conte continua ad essere considerato affidabile». Perché il grillino, a differenza di altri, «può essere indirizzato». La fonte rimane al coperto ma dice che «uno scarico» di Conte, dalle parti delle mura leonine, «è impossibile».

Il motivo risiede in rapporti antichi, con tanto di «influenza acquisita in segreteria di Stato». Capiamoci: non tutto il clero guarda all'ex premier. Papa Francesco ha nominato Mario Draghi presso la Pontificia Accademia delle Scienze sociali, mentre il cardinal Gualtiero Bassetti ha parlato dell'ex vertice della Bce in termini di «uomo della provvidenza»: sono segnali. La fiducia non è più quella di prima, ma un pezzo di Santa Sede resta aggrappata all'ex «avvocato degli italiani». Il fronte che ha provato a lanciare un salvagente verso i giallorossi, magari telefonando a qualche parlamentare cattolico per evitare la caduta del Conte bis, è ancora fermo sulle sue posizioni. Se i cardinali istituzionali confidano nella nascita di un «grande centro» attorno al pragmatismo di Draghi, i porporati ed i presuli movimentisti pensano che la formula giallorossa possa essere replicata. È una frangia che, in certi ambienti cattolici, chiamano «lobby cinese». Si tratta dell'alta diplomazia che ha lavorato all'accordo Cina-Santa Sede, un emisfero ecclesiastico strutturatosi a Villa Nazareth, il collegio dove il giovane Conte ha trascorso gli anni universitari.

Il cardinale Achille Silvestrini, deceduto sul principio del Conte bis, il segretario di Stato Pietro Parolin, che ha ricevuto il Movimento prima della campagna elettorale del 2018, peraltro negli Stati Uniti, e monsignor Claudio Celli, presidente della Fondazione Comunità Domenico Tardini Onlus, cioè Villa Nazareth: è attorno a questo trittico che il contismo ha fatto breccia in Vaticano. Poi la corrente si è allargata, coinvolgendo padre Antonio Spadaro, che su La Civiltà Cattolica promuove sì l'intesa con la Cina, ma anche la battaglia papale per un reddito universale: un altro link con il contismo. Un distinguo necessario: Parolin, che ha partecipato all'ultimo summit romano del Ppe, viene ormai descritto come tiepido su Conte ma del tutto convinto da Draghi. Il problema palesato è «l'ormai celebre instabilità del Movimento». Una concordanza geopolitica però rimane e riguarda tanto la linea sulla Cina quanto l'atteggiamento tenuto verso il Venezuela: il multilateralismo diplomatico permea tanto il grillismo quanto i sacri palazzi. Celli, che il Papa ha spedito proprio in Venezuela nel 2016 durante la crisi Maduro-Guaidò (che il Vaticano, al pari dell'Italia di Conte, non ha riconosciuto come presidente legittimo), è un noto filo-cinese. L'Italia, unica su ventotto, con la posizione assunta sulla risoluzione europea, ha di fatto bloccato l'Ue sul Venezuela, che è pure il Paese da cui sarebbe partito il finanziamento da 3,5 milioni di euro ai grillini. Quello che è stato confermato dall'ex 007 di Hugo Chavez ad un giudice spagnolo. Torniamo al Vaticano. Monsignor Celli, primo dei contiani tra gli alti ecclesiastici, era al fianco di Spadaro, del superiore generale dei gesuiti Padre Arturo Sosa e dello stesso ex presidente del Consiglio in un convegno aperturista sulla Cina. La sede? Quella de La Civiltà Cattolica. Era il marzo del 2019, ma quelle convinzioni sono intatte. Il che vale sia per la «lobby cinese» della Santa Sede sia per il Movimento 5 Stelle.

Tanto che Luigi Di Maio, a fine mese, incontrerà l'ambasciatore del «dragone». Chi, in Vaticano, pensa che Conte possa essere il centravanti di un centro post-democristiano ma filocinese non ha abbandonato l'allievo prediletto del cardinal Silvestrini.

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