Ci vorranno «anni e anni» per colmare i vuoti lasciati dai lavoratori immigrati dall'Unione Europea, nel frattempo il Regno Unito dovrà tenere aperte le porte per loro o saranno guai per l'economia nazionale. Non è l'opinione di un oppositore giurato della Brexit, ma quella del ministro britannico per la Brexit in persona.
David Davis si trovava a Tallinn, capitale di quell'Estonia che è uno dei Paesi dell'Ue da cui provengono quei lavoratori «poco qualificati» di cui a Londra e dintorni hanno dannatamente bisogno e che ora rischianio di perdere. Parliamo di gente disposta a darsi da fare come infermieri, badanti, cuochi, camerieri e agricoltori al posto di britannici riluttanti a fare mestieri manuali. «La nostra porta non si chiuderà all'improvviso - ha detto il ministro -. Abbiamo un'economia di successo anche perché persone intelligenti e di talento vengono da noi per lavorare. Ci vorrà tempo perché le nostre regole cambino».
Parole chiare, che se da una parte hanno tranquillizzato quanti ambiscono a un lavoro Oltremanica, dall'altra hanno irritato altri esponenti del partito conservatore di cui Davis fa parte - per non parlare degli arrabbiatissimi indipendentisti dell'Ukip che lanciano frecce avvelenate contro il «partito degli affaristi».
Ma al di là delle proteste dei politici - scrive ad esempio il Times - rimangono i dati di fatto riconosciuti anche da altri ministri colleghi di Davis: come nel settore agricolo, dove appare logico e inevitabile continuare a impiegare gli immigrati come lavoratori stagionali. I numeri parlano chiaro e hanno facilmente ragione delle parole: per aiutare a raccogliere e confezionare frutta e verdura nella stagione estiva servono circa 75mila persone, la maggior parte delle quali arrivano da Paesi Ue come la Romania, la Bulgaria e la Polonia. Da qui al 2021 la cifra è destinata a crescere ulteriormente, raggiungendo quota 95mila, ed è impensabile che siano gli inglesi a soddisfare questa offerta di lavoro. Ne è convinta l'Unione nazionale degli imprenditori agricoli, secondo cui in mancanza di raccoglitori stagionali stranieri di origine Ue sarebbe indispensabile ricorrere a lavoratori extra Ue, pena veder marcire i prodotti nei campi e ridurre gli inglesi alla fame.
La Brexit continua insomma a mostrare i suoi frutti più amari, mentre i dati economici continuano a rimbalzare tra il negativo e il positivo. Appena due giorni fa il commissario europeo Jean-Claude Juncker aveva avvertito Londra che il suo addio all'Unione avrebbe comportato «un conto molto salato»: il riferimento era agli impegni presi con l'Ue prima che il voto referendario del giugno scorso sancisse l'addio del Regno Unito.
Confermando il suo atteggiamento
pragmatico, invece, il candidato alla presidenza francese Emmanuel Macron aveva incontrato la premier britannica Theresa May ottenendone «garanzie» su una gestione della Brexit che non andasse a danneggiare gli interessi di Parigi.
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