L'oscura tentazione di giustizia fai da te: "Hai fatto bene Italo andava ucciso"

Dopo l'assassinio del 22enne, sui social network si moltiplicano i commenti a sostegno del killer Denuncia della Procura: «Clima di odio morboso»

L'oscura tentazione di giustizia fai da te: "Hai fatto bene Italo andava ucciso"

A Vasto sventolano ancora gli striscioni dai balconi che chiedono «giustizia per Roberta» e ci sono parole pesanti e insulti che rimbalzano addosso all'impazzata. Il giorno dopo la vendetta resta l'odio che non si placa. Una campagna di odio intorno al ragazzo ucciso per vendetta. Subdola, silenziosa, partita dalla rete e solidale solo nel voler spingere avanti chi, infine, ha sparato sperando di trovare sollievo. Restano tre famiglie distrutte, ognuna ha perso un figlio. Roberta Smargiassi morta a 34 anni, investita da Italo D'Elisa, il 22enne che non si era fermato al semaforo rosso, ucciso l'altro ieri da Fabio Di Lello, marito di lei, che l'ha freddato con tre colpi al cuore. Era distrutto da un dolore che niente è servito a lenire. Intorno parole che diventano coltelli. C'è il popolo della rete, scatenato, esaltato che scrive, commenta, condivide. A sostegno dell'uomo che davanti ad un immenso dolore non ha retto e si è vendicato. I commenti sui social che fanno paura: «Hai fatto bene». «Siamo con te». «Lo avrei fatto anche io». «Quando la giustizia non arriva bisogna farsi giustizia da sè». A Radio Capital l'avvocato Giovanni Cerella, il difensore di Fabio Di Lello butta benzina sul fuoco: «Italo D'Elisa, dopo l'incidente, non ha mai chiesto scusa, non ha mostrato segni di pentimento. Anzi, era strafottente con la moto. Dava fastidio al marito di Roberta. Quando lo incontrava, accelerava sotto i suoi occhi». Italo che era stato sottoposto a tutte le analisi e non era stato trovato né in stato alcolico né sotto effetto di sostanze. Non resta in silenzio neppure l'arcivescovo della diocesi di Chieti- Vasto, monsignor Bruno Forte: «Con un intervento rapido della giustizia e una punizione esemplare, la tragedia si sarebbe potuta evitare. La magistratura deve fare il suo corso ma nel modo più rapido possibile. Una giustizia lenta è un'ingiustizia».

C'è un dolore che cresce e che monta, che si può solo immaginare, che cova al buio la notte, diventa chiodo fisso. È rancore e rabbia e frustrazione, disperazione nera. Ci può essere un'umana empatia, per un giovane marito che perde tutto. Vasto non solo si era stretto accanto a lui, si era proprio schierato con lui. Manifestazioni con cortei per «chiedere giustizia» da parte dei familiari di Roberta, con Fabio in testa, scontri sui social, liti mediatiche, la fiaccolata passando davanti all'ospedale fino al Palazzo di Giustizia, la preghiera nella Cattedrale San Giuseppe. Si organizzavano partite di calcetto sotto alla sigla «Giustizia per Roberta». E la rete, Internet, Facebook, hanno propagato l'onda di rabbia, impotenza, dolore. Per il procuratore della Repubblica di Vasto Giampiero Di Florio è grave. Parla di clima di odio, ingestibile per una mente indebolita da una perdita del genere. «Claque di morbosi - dice Di Florio - che ha portato avanti un'incomprensibile campagna di Giustizia in assenza di un procedimento entrato nell'aula del Tribunale e quindi di una discussione indirizzata. Questa claque doveva aiutare Fabio a venirne fuori, invece hanno alimentato il suo sentimento della vendetta ogni giorno». Da quando aveva perso la moglie, Fabio Di Lello non aveva più avuto pace. La sua vendetta si è consumata mercoledì pomeriggio, dopo mesi di dolore e rancore. Fabio che non si rassegnava a una vita davanti andata in frantumi senza neppure il tempo di un ciao. Su Facebook aveva messo un'immagine del film «Il gladiatore», accanto la foto di lei, sorridente, una colomba di pace e la scritta: «giustizia per Roberta». Dopo l'esecuzione non ci hanno messo molto i carabinieri a trovarlo. Sono andati al cimitero e lo hanno trovato vicino alla tomba della moglie; l'arma con cui ha ucciso Italo era vicino alla tomba. «La mia Roberta mi è stata rubata, rubata ai propri sogni».

Fabio si sfogava e scriveva nello spazio dedicato ai lettori del portale zonalocale, una messa in suffragio per la moglie. «Mi chiedo, dov'è giustizia? Mi rispondo, forse non esiste! Non dimentichiamo, lottiamo, perché non ci sia più un'altra Roberta». Segnali di un malessere che nessuno ha fermato.

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