Non bastano le minacce a Schengen, uno dei trattati fondamentali dell'Unione europea. A far tremare Bruxelles sono diversi i nodi che invece di essere sciolti si fanno via via più stretti, minando la tenuta dell'intera Europa.
L'emergenza migranti, innanzitutto, per cui è diventato ormai un tutti contro tutti. Nell'Europa unita si chiudono le frontiere, si ergono muri, si continua da mesi un inutile scaricabarile tra Paesi "lontani" dai confini europei e Paesi presi letteralmente d'assalto dall'inarrestabile ondata di profughi. Una situazione che ha portato alcuni Stati allo stremo e che ha fatto rialzare la voce persino alla Grecia, pur tenuta sotto scacco da debito e Troika. "Nessuna intesa con la Gran Bretagna se si permette ai Paesi a Nord di Atene di chiudere le frontiere", minaccia Tsipras in un Consiglio europeo ormai ostaggio dei veti incrociati.
Intanto l'Austria se ne frega e tira dritto, istituendo un numero massimo giornaliero di profughi accolti sul suo territorio. Una strategia, quella di Vienna, che stuzzica anche gli Stati balcanici, con Slovenia, Serbia e Macedonia pronte a ripristinare i controlli. Dal canto suo l'Italia sventola lo spauracchio fondi, che se può poco con l'Austria, potrebbe spaventare i Paesi dell'Est, più sensibili al tema. "I Paesi dell'Est Europa che non vogliono accogliere rifugiati non godranno più, come fanno ora, della generosità dei Paesi che maggiormente contribuiscono ai fondi Ue", minaccia Renzi, attirandosi addosso le ire di Ungheria e Polonia, che lo accusano di ricorrere al ricatto politico pur di ottenere ciò che vuole.
Il governo italiano ci aveva già provato con la Turchia, cercando di legare i soldi concessi ad Ankara per creare campi di accoglienza ed evitare l'arrivo di altri profughi alla flessibilità sul deficit e sugli obiettivi di bilancio dell'Italia. Ne è nato un botta e risposta tra Roma e Bruxelles che non ha fatto altro che inasprire i toni e i rapporti, oltre ad alzare ulteriormente la tensione all'interno stesso dell'Ue.
E mentre la Commissione ingaggiava un braccio di ferro con l'Italia, tutta l'Europa cercava il modo di evitare un'altra catastrofe: l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. Un nodo venuto al pettine con il Consiglio Ue fiume di questi giorni e stato sciolto solo dopo due giorni di estenuanti trattative. Ma che nonostante l'accordo mina l'Unione alla base. "Siamo sicuri che questo accordo per la Gran Bretagna non ci precluda una maggiore integrazione dell’Ue in futuro?", dice il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, che si preoccupa ora di capire anche le conseguenze di un accordo a tutti i costi sull'unione monetaria.
Brexit o no, infatti, il tema sempre più attuale è quello di una contrapposizione tra l'Eurozona e l'Europa delle altre monete, "tra i 19 e gli altri 9". "Nel mercato comune non possiamo avere una competizione tra monete", è l'idea di fondo, "Né si possono avere regole diverse per le banche con l’euro e quelle della zona non euro…". Senza considerare le richieste di Londra che preme per trattare da "cittadini di serie B" i non britannici nel Paese.
Altro che Schengen e migranti: una mossa del genere rischiano davvero di vanificare decenni di integrazione europea e di slogan sulla libera circolazione dei cittadini.Intanto gli euroscettici stanno a guardare e si fregano le mani.
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