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Per Luigino esplode pure la grana dei rimborsi

Fronda 5s: i versamenti obbligatori dei parlamentari vanno su un conto intestato al leader

Per Luigino esplode pure la grana dei rimborsi

Roma La gioiosa macchina da guerra grillina continua a perdere colpi. Dopo la multa a Rousseau che tanti dubbi sta sollevando sulla funzionalità della piattaforma anche tra gli attivisti a 5 Stelle, scoppia un nuovo caso sui rimborsi. Un gruppo di parlamentari grillini, una ventina secondo l'agenzia AdnKronos, ha messo in mora il MoVimento riguardo ai versamenti da 2mila euro mensili che i «portavoce» pentastellati sono tenuti a fare come forma di taglio del costo della politica, classica bandiera a 5 Stelle. I rimborsi fatti attraverso un semplice versamento in un conto corrente intestato a Luigi Di Maio e ai capigruppo di Camera e Senato, Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli, sarebbero irregolari in assenza di un atto pubblico, dunque stilato da un notaio, che li qualifichi come donazione o liberalità.

Il nuovo gruppo di ribelli si appiglia all'articolo 782 del Codice civile secondo cui l'atto pubblico è richiesto, a meno che non si tratti di donazioni di modico valore. Il caso è scoppiato sulle chat grilline dove circola un parere formulato da studiocataldi.it che ha due caratteristiche: è specializzato in diritto, ma è anche curato dal deputato pentastellato Roberto Cataldi.

Duemila euro al mese si possono qualificare come «modico valore» della donazione? Appare piuttosto difficile, vista la consistenza complessiva delle cifre in ballo. Per Cataldi, «siamo sul filo del rasoio, perché «la modicità deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante». Il finale di un eventuale contenzioso sarebbe aperto, anche perché, aggiunge il deputato «sarebbe rimesso alla discrezionalità del magistrato». In altre parole «non escludo che ci possa essere una pronuncia che dichiari nulla la donazione», conclude Cataldi.

Fin qui le motivazioni giuridiche. Ma la rivolta avrebbe natura più politica. Il conto corrente aperto dopo la rimborsopoli è intestato a Di Maio e ai due capigruppo. Per evitare il trucco dei bonifici al Fondo per il microcredito eseguiti, fotografati e poi annullati, il 6 agosto 2018 è stato aperto un conto corrente di transito. Alla fine però, invece che aprirlo a nome del M5s, venne intestato ai tre leader inquadrati in un Comitato per la rendicontazione non previsto dal «Regolamento restituzioni» grillino. La contestazione dunque è implicitamente rivolta verso Di Maio perché il capo politico si è attribuito, fuori dalle regole, il controllo di una leva fondamentale: quella del denaro.

«Il versamento così effettuato -spiega l'avvocato Lorenzo Borrè, che difende tanti dei dissidenti grillini- pare contrario alla ratio delle restituzioni, perché i bonifici non arrivano a un ente pubblico come il Fondo per il microcredito ma a un soggetto terzo, non previsto dalle norme del M5s e in potenziale conflitto di interessi».

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