La lunga notte di Renzi per blindare con la Ue la finanziaria rischiatutto

Cdm rinviato per ore, poi il premier presenta una Stabilità tutta crescita e niente tasse. Ma incombe lo stop di Bruxelles

La lunga notte di Renzi per blindare con la Ue la finanziaria rischiatutto

In un anno «18 miliardi di tasse in meno, come l'articolo 18». Matteo Renzi gioca con i numeri e ne approfitta per lanciare un messaggio cifrato ai sindacati: il taglio della pressione fiscale è correlato alla riforma del mercato del lavoro, cioè al Jobs Act. Tant'è vero che lo ripete ancora, rivolgendosi alle imprese. «Caro imprenditore, assumi a tempo indeterminato? Ti tolgo l'articolo 18, i contributi e la componente lavoro dall'Irap. Mammamia, cosa vuoi di più? Ti tolgo ogni alibi e ti do una grande occasione», sciorina.

Il varo della prima legge di Stabilità renziana, però, rispecchia il cliché della Prima Repubblica. Clima compreso: il piano nobile di Palazzo Chigi sembra una sauna. I condizionatori faticano a tenere lontana l'afa, visto il numero di collaboratori che i ministri si sono trascinati dietro. «Siamo tornati ai tempi di Andreotti», commentano a Palazzo Chigi. Non era così che Renzi si era immaginato la giornata. Ma il premier sa adattarsi alle sorprese. A dir la verità, non aveva pianificato neppure la conference call con Obama, Merkel (con la quale s'era già sentito in precedenza per spiegarle la manovra) e Cameron su Ebola e Libia. L'ha convocata il presidente Usa all'ultimo momento. Ma quella telefonata è arrivata come la ciliegina sulla torta per coronare una passerella internazionale.

La legge di Stabilità sarà l'asso che Renzi metterà sul tavolo del vertice di oggi a Milano. Espansiva, orientata alla crescita, senza tasse. Il profilo che il numero uno di Palazzo Chigi vorrebbe imprimere all'Europa. E poco conta se i mercati sono in subbuglio. Se Atene ha perso il 10, Milano il 4 e Wall Street il 3 per cento. «Siamo convinti che il crollo delle Borse europee non sia dipeso né dalla manovra né dalle nostre dichiarazioni», ha chiosato.

Sa benissimo (Barroso gliel'ha detto in faccia) che la Commissione Ue potrebbe rimandarla indietro perché non basta rispettare il parametro del 3% del deficit per evitare la procedura d'infrazione. Sa benissimo che gli impegni del fiscal compact non sono rispettati. Se l'è sentito ripetere in continuazione in questi giorni da Pier Carlo Padoan.

All'ennesimo richiamo del ministro, il premier avrebbe fatto dire ai suoi uomini presenti alle riunioni al Mef: allora, anziché restare sotto il 3%, andiamo al 4 come la Francia. A quel punto, gli uomini del Tesoro hanno dovuto fare un passo indietro. In cambio, hanno fatto lievitare la manovra a 36 miliardi (almeno nominalmente). «Rispettiamo le regole per come la Ue le ha spiegate. Se ci sono questioni specifiche, risponderemo», ha ripetuto ieri.

Già, perché un altro tema sul quale Renzi sembrerebbe allergico sono le ritualità delle coperture finanziarie. «Con questa legge di Stabilità cambiamo verso all'Europa - avrebbe confidato nei giorni scorsi - e mi frenano per uno “zero virgola”». Il primo a comprendere il clima è stato Daniele Franco, ragioniere generale dello Stato. Ha iniziato a inviare proposte direttamente a Palazzo Chigi, bypassando lo staff dell'Economia.

In compenso, Renzi è grato per la soluzione individuata dai tecnici del ministero con la Lorenzin. In tal modo, Renzi ha tenuto a bada (almeno per ora) i mal di pancia Ncd. E per tranquillizzare Alfano & C. ha pure convocato i tre-ministri-tre dell'Ncd al vertice sull'Ebola.

La politica del bilancino legittimata per un risultato: la manovra come biglietto da visita sul tavolo dei Grandi. Sarà compito della Boschi difenderla in Parlamento. In fin dei conti, Renzi è fiorentino come Machiavelli.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica