L'uomo che sussurra ai dittatori: "Dopo Kim tratto con Maduro"

Il senatore di Fi: "Ci parlo io col presidente del Venezuela"

L'uomo che sussurra ai dittatori: "Dopo Kim tratto con Maduro"

Roma - Lo hanno definito l'uomo che sussurra ai dittatori. E ora, dopo essere diventato una sorta di ambasciatore in Italia di Kim Jong-un, Antonio Razzi vuole fare il bis e incontrare il discusso presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, Paese nel quale anche gli ultimi simulacri di democrazia stanno venendo meno.

Senatore Razzi, ma è vero che lei sta lavorando per incontrare Nicolas Maduro?

«Sì, lo confermo. Se non ci si va a parlare non sappiamo mai quando si fa giorno. Tutti ne dicono, ma chi lo conosce? Io poi lì in Venezuela ho anche mio fratello. Insomma, vado lì a rendermi conto della situazione».

Da quanto vive in Venezuela suo fratello?

«Da 40 anni, io comunque non lo vedo dal '90, da 27 anni».

Perché le sta a cuore la situazione del Venezuela?

«Ci sono 130mila italiani che hanno fatto grande il Venezuela. Molte pensioni che noi mandiamo fanno il cambio che dice il governo. Se mando i soldi a mio fratello vengono cambiati in Bolivar e viene svalutato tutto. Da ex emigrato in Svizzera so come funziona...».

Ma lei è in contatto con le autorità di Caracas?

«Ho mandato una lettera all'ambasciatore a Roma e sto aspettando la risposta. Vado ma con tutta la sicurezza. Non è che vado lì io a farmi far fuori dal primo delinquente comune che gira per Caracas. Se ci devo rimettere la pelle allora sto qua».

Che idea si è fatto della situazione in Venezuela?

«Guardi, se devo parlare della Corea lo faccio senza problemi. Su Maduro devo capire. Perché è così feroce con i suoi connazionali? Perché lui non è che ha fatto guerra con i paesi vicini Ma ci si deve parlare, io sono come San Tommaso, non credo se non vedo».

La situazione in Corea del Nord non sembra volgere al meglio.

«Sulla Corea ho detto la mia, ho anche scritto una lettera in inglese a Trump per parlare con lui, ricevere una delega per andare a tastare il polso».

Cosa direbbe a Kim adesso?

«Gli chiederei: cosa vuoi per fare il bravo guaglione? Inaccettabile è il muro contro muro. Io condanno gli esperimenti, non bisogna sviluppare il nucleare. Ma se si parla solo per sentito dire non si va lontano, bisogna parlare, parlare, parlare. Penso che Kim non uscirà dalla Corea perché ha paura che lo fanno fuori, bisogna trovare il sistema di metterli in contatto. Io ho il coraggio di andare e parlarci».

Vorrebbe un incarico ufficiale da parte del governo?

«Sì, ma Gentiloni non mi darà mai la delega anche se l'ho chiesta. Io ci posso andare perché a me mi riceve. Forse sono l'unico occidentale che ci ha parlato davvero».

Con la delega avrebbe maggiore forza contrattuale?

«Se lo chiedo mi riceverà subito, ma un conto è se vado da amico o da senatore, un conto è se vado a nome del governo. Kim aveva pure mandato una ventina di calciatori vicino Perugia. Gli ho detto: già ci avete battuto una volta con Pak Doo-Ik, se ci battete un'altra volta la colpa è anche un po' nostra che vi abbiamo imparato la tecnica del calcio. Un giovane calciatore voleva ingaggiarlo la Fiorentina, avrebbe guadagnato poco più di mille euro, ma ci si è messo il Pd dicendo che così si finanziava il regime. Assurdo».

Ma a lei cosa viene da questa attività internazionale?

«Del premio non me frega niente. Prima lavoravo per fare il bene della mia ditta, oggi per il Senato. Con quella paga che ricevo lo devo a tutti gli italiani. Potrei andare anche a nome del governo americano. Se c'è la delega di Trump io vado. Non ho paura, lo faccio per il bene di tutto il mondo. Non facciamo come Cappuccetto rosso che poi il lupo viene veramente e noi ne paghiamo le conseguenze».

Diciamo che lei studia da mediatore internazionale.

«Nella mia esperienza di capo operaio parlavo con uomini di trentacinque

nazionalità diverse. Il direttore dei lavori dell'azienda svizzera di filati dove lavoravo mi chiedeva: ma come fa a mettere tutti d'accordo? Io sono bravo a colloquiare, riporto una torre di babele sotto una campana sola».

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