L'uomo torna alle origini e rispolvera il suo passato

Omaggio al sandalo Rainbow del 1937 per Ferragamo. Gucci apre i suoi archivi nel «Garden»

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Firenze Entrare nel passato con gli occhi del presente per progettare il futuro. È la scommessa vincente dell'edizione numero 96 di Pitti Immagine uomo in corso a Firenze da ieri fino al prossimo venerdì. «Un punto di vista nuovo sulle origini del brand, qualcosa di più profondo della ricerca d'archivio» spiega ad esempio Paul Andrew, direttore creativo di Salvatore Ferragamo poco prima della stupefacente sfilata Florence Calling. Siamo in Piazza della Signoria, ai piedi della fontana del Nettuno commissionata da Cosimo I de Medici a Bartolomeo Ammannati e magnificamente restaurata grazie alla sponsorizzazione del Gruppo Ferragamo che ha versato tramite Art Bonus un milione e 800 mila euro. Inevitabile quindi la stampa del cosiddetto «Biancone» (così i fiorentini hanno sempre chiamato la statua del Dio del mare in marmo di Carrara color latte) sulle stupende camicie di seta del finale. Ma il gioco dei rimandi è molto più sottile per esempio nella scansione cromatica delle uscite: un omaggio al sandalo Raimbow creato da Salvatore Ferragamo nel 1937. L'uso della corda intrecciata, annodata a mano o lavorata a crochet per costruire sublimi abiti a tablier da indossare sui pantaloni (ci sono 16 donne in passerella con 41 uomini molto speciali) viene dall'incredibile capacità del cosiddetto «Calzolaio delle stelle» di utilizzare ogni tipo di materiale per fare scarpe di rara bellezza. C'è un solo remake che ovviamente non sembra tale perché il modello Kimo fatto da Salvatore nel 1952 dopo il suo primo viaggio in Giappone resta senza tempo: una scarpa-calza che separa la suola dalla tomaia come prevede il cerimoniale giapponese per cui è vietato portare in casa oppure al ristorante lo sporco della strada. Tutto il resto è moda che mischia il linguaggio dello streetwear con quello della sartoria: diavolo e acqua santa nella testa degli addetti ai lavori della moda. «Bisogna saper cambiare rotta e allo stesso tempo tornare alle origini» sostiene Pino Lerario, direttore creativo di Tagliatore, il marchio pugliese noto per le sue macro fantasie su impeccabili capi sartoriali. Stavolta c'è un uso sublime della tinta unita con citazioni che vanno al rosso scuro del Primitivo di Manduria all'azzuro del mar Adriatico, dal giallo saturo del grano a quello sfumato di ocra delle giare. «C'è anche il rosa dei muri delle masserie che di solito sono incorniciati di bianco come il viso di un uomo con una camicia candida» conclude Lerario facendo notare l'ampiezza del rever (12 centimetri abbondanti) e la linea impeccabile dei capi nonostante l'uso di materiali come il nylon mai entrato prima d'ora in sartoria. «La sfida è proprio questa: entrare nel mondo del jersey, dei tessuti di sintesi oppure con effetti speciali senza uscire da confini della sartorialità» sciega Giovanni Bianchi, Responsabile dell'ufficio stile di Lubiam, azienda fondata nel 1911 dal suo bisnonno, Luigi Bianchi di Mantova. Qui si fanno ancora 56 passaggi manuali per ogni capo anche se adesso nella linea L.B.M. 1911 destinata al pubblico più giovane ci sono stupende giacche di nilon oppure il lino lavato effetto vintage.

L'apoteosi del lavoro sulle origini di uno stile si ha comunque nel Gucci Garden, luogo che è riduttivo chiamare museo perchè nello storico Palazzo della Mercanzia convivono di volta in volta le intelligenti ricerche d'archivio effettuate dal critico e curatore Maria Luisa Frisa con opere d'arte contemporanea, gli oggetti inediti (stavolta una serie di articoli creati da Livia Carprenzano) con l'inclito e il pop. Il risultato è straniante: come trovarsi davanti al quadro L'Origine del mondo di Gustave Courbet. Non c'è niente di questo nella collezione Triple RRR disegnata da Robert Cavalli, il figlio venticinquenne di Roberto ed Eva. Eppure anche stavolta bisogna dire che una mela non cade mai troppo lontana dall'albero che l'ha generata. Le tigri tatuate sulla seta, le onorificenze trattate con irriverenza punk, l'eccesso come metafora del successo: un gran lavoro. Sensazionale anche la collezione di Borsalino, azienda creata nel 1857 e ora affidata alle capaci mani di un creative curator come Giacomo Santucci, uomo colto e intelligente con un grande talento per i numeri.

La sua idea? Mettere tutta la cultura del mondo in un cappello. Con disegni, decori e colori presi dall'Arts and Crafts, dal Crystal Palace progettato da Paxton per l'Expo di Londra, dalla Century Guild of arts di Arthur Heygate Mackmurdo.

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