Roma - Un anno di anticipo della pensione, ipotizzando un assegno di mille al mese, costerà tra i 50 e i 60 euro per 20 anni. In tutto, il conto sarà quindi di 12mila euro, che corrispondono non casualmente alla stessa pensione percepita per 12 mesi. Se ce ne fosse stato bisogno, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini ha spiegato che l'Ape, anticipo pensionistico che doveva rendere meno severa la riforma Fornero, sarà pagato per intero dagli stessi pensionati che ne usufruiranno.
Con qualche eccezione. L'anticipo secondo l'esperto economico di Palazzo Chigi non costerà nulla ai lavoratori in condizioni disagiate. «Se un pensionato ha mille euro al mese ed è meritevole di tutela» magari perché a lungo «disoccupato senza ammortizzatori sociali, fa lavori rischiosi, pesanti, faticosi, è in condizioni soggettive di bisogno perché magari ha a casa un disabile da assistere, in tutti questi casi il costo è zero». Per gli altri il conto è 50-60 euro al mese per 20 anni. Per usufruire di tutti i tre anni di anticipo, quindi per ritirarsi a 63 anni, bisognerà pagare 150-200 euro al mese per 20 anni.
Non ci sarà nessun rischio per il patrimonio e quindi per gli eredi se il pagamento si interrompe per la morte del pensionato. Garantita anche la reversibilità. Ma gli interessi e l'assicurazione saranno pagati dagli stessi pensionati. «Non ci sono rischi reali, ma ci sono costi finanziari. Poi ci sarà una platea importante di agevolati che riceveranno un bonus fiscale e questo coprirà non solo gli interessi e l'assicurazione, ma anche il capitale anticipato se sei particolarmente meritevole di tutela» o con un reddito basso.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha assicurato che l'Ape varrà anche per le partite Iva della gestione separata Inps, che saranno anche destinatarie di un'altra novità della legge di bilancio, il taglio delle aliquote contributive (vedi articolo sotto).
Le novità non dovrebbero essere accompagnate da tagli delle «pensioni d'oro», che poi sono quelle superiori a 3mila euro lordi. Difficile distinguere le pensioni ricche da quelle maturate da lavoratori precoci.
Ma il tema del «contributo» sulle prestazioni più alte o quelle di gestioni non in equilibrio, resterà caldo per tutta la sessione di bilancio. Sul tema ieri è intervenuto il presidente dell'Inps Tito Boeri, che è a favore del contributo. «Il problema vero che noi abbiamo oggi in Italia è quello dell'equità e non quello della sostenibilità finanziaria del nostro sistema pensionistico», ha spiegato in un'intervista a Presa diretta. Polemica diretta con i politici: «Ci sono delle persone che oggi hanno dei trattamenti pensionistici, o hanno dei vitalizi, come nel caso dei politici, che sono del tutto ingiustificati alla luce dei contributi che hanno versato in passato. Abbiamo concesso per tanti anni questo trattamento privilegiato a queste persone». Ma anche con chi percepisce pensioni troppo alte.
«Per chi ha degli importi molto elevati di prestazioni, non è il caso di chiedere loro un contributo che potrebbe in qualche modo rendere, alleggerire i conti previdenziali? Ci permetterebbe di fare qualche operazione di redistribuzione».È una tesi che Boeri sostiene da molto tempo. Ma il governo Renzi, alle prese con il referendum e, in prospettiva, con le elezioni non se la sente di penalizzare la classe media.
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