Lo psicodramma grillino sul caso Salvini-Diciotti è tutt'altro che concluso. Il derby interno tra coloro che vogliono far prevalere la ragion di governo sul riflesso condizionato giustizialista che impone di mandare sempre e comunque un politico a processo si è di nuovo animato nonostante il tentativo di Luigi Di Maio di ricondurre il movimento all'unità.
Nella giornata di ieri si è consumato un primo atto formale. La Giunta per le immunità si è riunita alle 11 per un'ora e mezza sul caso Salvini-Diciotti e il presidente Maurizio Gasparri ha proposto di concedere sette giorni al ministro dell'Interno per essere ascoltato o per presentare una memoria difensiva. Prima dell'inizio, il senatore Mario Giarrusso, capogruppo del M5S in Giunta, aveva ribadito la linea del governo. «Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il vicepresidente Luigi Di Maio e il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli depositeranno una memoria, spiegando che sul caso Diciotti c'è stata una decisione che coinvolge tutto il governo, con responsabilità anche di altri ministri e del Presidente del Consiglio stesso». In ogni caso «il quadro è in evoluzione dopo la marcia indietro di Salvini che non vuole andare a processo». Una sottolineatura che i pentastellati ripetono in ogni occasione utile così da mettere in chiaro che il problema parte dal leader della Lega e dalla sua «giravolta».
Gasparri spiega, però, come tecnicamente non sia prevista una partecipazione del resto del governo: «Il nostro interlocutore - precisa il presidente della Giunta - è e resta il ministro Salvini. Se il governo avrà cose da dire sarà lo stesso Salvini a riferircele, arricchendo la sua relazione. Se vorrà, il governo potrà presentare una memoria difensiva ma senza intervenire, non siamo un tribunale. Dobbiamo decidere se è un reato ministeriale. Non è un processo».
Il problema è che le voci pentastellate fanno fatica a comporsi in un'unica armonia. Il sottosegretario all'Interno Carlo Sibilia (M5s) a Circo Massimo, su Radio Capital, fa capire che manca ancora una linea unica: «Se il caso andrà in aula, noi voteremo assolutamente sì», quindi a favore della richiesta togata. E l'ala più ortodossa, che fa riferimento a Roberto Fico, non ha dubbi sul fatto che «non si debbano tradire principi e storia del Movimento» e che quindi si debba votare necessariamente a favore della richiesta di autorizzazione a procedere.
Le parole di Sibilia non passano ovviamente inosservate dalle parti della Lega. Massimiliano Fedriga, il presidente del Friuli Venezia Giulia dai microfoni di Radio anch'io liquida così l'ipotesi di una dissociazione dell'alleato di governo: «Se il M5S vota sì, si ridiscute tutto». Salvini, però, prova a gettare acqua sul fuoco: «Il governo non rischia assolutamente».
I tempi della procedura, comunque, non sono certo serrati e probabilmente aiuteranno la maggioranza - e soprattutto i Cinquestelle - a trovare una soluzione al delicato quesito «identitario» che tanto sta scuotendo il Movimento in queste ore. La prossima settimana (entro sette giorni dalla prima riunione della Giunta) Salvini illustrerà la sue ragioni e spiegherà di essersi mosso nel superiore interesse pubblico, poi l'organismo dovrà decidere entro il 23 febbraio e quindi, ci sarà l'approdo in aula.
La decisione sul voto comunque verrà presa probabilmente dal capo politico dei M5s Di Maio insieme ai 7 componenti della Giunta, basandosi su tutta la documentazione che sarà sul tavolo, dopo aver ascoltato Salvini e letto le memorie presentate dagli altri componenti del governo tirati in ballo, Toninelli in primis. Sembra esclusa, quindi, la possibilità di una votazione on line.
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